Anche il solo fatto di non stampare la documentazione, costituisce un occultamento della stessa agli accertatori. Lo afferma la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 35173 depositata il 18/07/2017.
Nella vicenda processuale, un dottore commercialista condannato in primo grado e in appello per il reato di occultamento delle scritture contabili obbligatorie previsto dall’articolo 10 del D.lgs 74/2000, dichiarava di non aver conservato copia della documentazione avendo omesso di annotarla nella dichiarazione dei redditi e di aver solo omesso di esibirla agli operanti, non potendosi escludere (in assenza di prova contraria) che la stessa neppure fosse mai stata stampata.
Riteneva pertanto non risultante alcuna prova di occultamento, o di distruzione, della documentazione non rientrando la mancata creazione del documento cartaceo nell'ipotesi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10. L'articolo punisce la condotta da chiunque commessa al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, attraverso l'occultamento o la distruzione in tutto o in parte delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. La documentazione infatti veniva rinvenuta presso terzi e non presso il ricorrente, con la conseguenza della sussistenza del reato: "In tema di reati tributari, il delitto di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10, tutelando il bene giuridico della trasparenza fiscale, è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l'occultamento della documentazione contabile dell'impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni, rimanendo escluso solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall'imprenditore e senza necessità di reperire "aliunde" elementi di prova" (Sez. 3, n. 20748 del 16/03/2016 - dep. 19/05/2016, Capobianco, Rv. 26702801)”.
La Corte ha ribadito pertanto il principio secondo cui, in tema di reati tributari, l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto e sussiste anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante. Nella fattispecie, la documentazione è stata rinvenuta presso terzi e non presso il ricorrente, con la conseguente configurazione del reato.
I giudici di legittimità hanno infine precisato che l'occultamento della documentazione è reato permanente che si configura nei confronti del ricorrente perché soggetto che aveva istituito una contabilità obbligatoria e non aveva nella disponibilità la documentazione. La documentazione era stata certamente formata poiché le fatture erano state rinvenute presso terzi (e il ricorrente doveva a sua volta conservare e annotare nella sua contabilità la documentazione). Pertanto, la sola condotta di non stampare la documentazione, costituisce già un occultamento della stessa agli accertatori.
La competenza professionale che ha indotto correttamente la Corte d'Appello a dedurre la pregressa esistenza della documentazione, ha anche posto in risalto la professione del ricorrente dottore commercialista relativamente al dolo.