In altri articoli ci siamo occupati dei casi di revoca degli atti di donazione per ingratitudine del donatario.
Ricordiamo che la donazione è un atto generalmente irrevocabile, salve alcune ipotesi previste dalla legge, che, per la loro rilevanza e gravità, consentono al donante, o ai suoi eredi, di revocarla; la revocazione comporta l’obbligo per il donatario di restituire i beni ricevuti ed i relativi frutti, mentre se i beni sono stati alienati il donatario dovrà restituirne il valore corrispondente.
CASI DI REVOCAZIONE
La revocazione della donazione può essere fatta per sopravvenienza di figli, quando, cioè, il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione; la relativa azione deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo o dalla notizia della loro esistenza.
Il caso, tuttavia, più rilevante di revocazione, previsto dall’art. 801 del codice civile, è l’ingratitudine del donatario, che si realizza con atti particolarmente gravi commessi da quest’ultimo nei confronti del donante.
Si tratta degli stessi atti previsti dal codice civile nei casi d’indegnità dell’erede: omicidio o tentato omicidio del dante causa (donante) o del suo coniuge o ascendente o discendente, altri reati puniti con la stessa pena dell’omicidio, calunnia e falsa testimonianza.
L’IPOTESI DELL’INGRATITUDINE
La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, hanno interpretato in modo estensivo l’ipotesi dell’ingratitudine, riferendola spesso al concetto di ingiuria grave nei confronti del donante.
In diverse sentenze (Cass. 17188/2008, 22013/2016 e, di recente, la sentenza n. 20722/2018 trattata in un precedente articolo) i giudici di legittimità affermano che l'ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c., quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all'onore ed al decoro della persona, si distacca tuttavia dalla fattispecie penale, in quanto consiste in un comportamento del donatario che manifesti un sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante, contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, aperta ai mutamenti dei costumi sociali, dovrebbero invece improntarne l'atteggiamento.
E’ necessario, pertanto, affinché possa ritenersi integrata la fattispecie dell’ingratitudine, che il donatario abbia posto in essere atti gravemente lesivi della dignità morale del donante il quale, per tale ragione, può chiedere al giudice la revocazione della donazione.
Si tratta di una valutazione caso per caso da parte dei giudici chiamati a decidere, i quali devono tenere conto di una serie di elementi, tra cui i valori sociali del momento, l’età del donante e la fattispecie specifica nel suo complesso.
IL CASO DELL’INFEDELTA’
In un caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione, conclusosi con ordinanza n. 24965 del 10.10.2018, poco prima di sposarsi un uomo acquistava con capitale proprio un appartamento, intestandolo alla futura moglie; a distanza di qualche mese dal matrimonio la moglie intratteneva relazioni extraconiugali, che sfociavano nella separazione, prima di fatto poi giudiziale, dal marito.
Questi agiva in giudizio chiedendo la revoca per ingratitudine della donazione indiretta, cioè effettuata intestando al coniuge il bene oggetto di compravendita.
ASSENZA DI INGIURIA GRAVE
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso del marito, ritenendo corretta la valutazione effettuata dalla corte d’appello, secondo cui l’atteggiamento tenuto dalla moglie del donante non poteva essere ritenuto espressione di radicata e profonda avversione nei confronti del marito.
La relazione extraconiugale, infatti, costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del coniuge infedele.
Nel caso specifico i giudici hanno ritenuto che l’infedeltà della moglie, pur rilevando ad altri fini, quale, ad esempio, causa di addebito della separazione, non integrasse l’ipotesi dell’ingratitudine richiesta dall’art. 801 c.c. per la revocazione della donazione, in quanto non mostrava quelle caratteristiche di disprezzo ed offesa delle qualità morali del marito.