A seguito di separazione e divorzio, tra i motivi di ricorso al Tribunale più frequenti vi è quello relativo al mantenimento dei figli, una volta che questi abbiano raggiunto la maggiore età. Spesso, infatti, il genitore tenuto a versare l’assegno vede protrarsi il suo obbligo anche ben oltre la maggiore età del figlio; viene, pertanto, da chiedersi quali siano i criteri da seguire per stabilire la permanenza del diritto, e del corrispondente obbligo, al mantenimento.
Art 337-septies c.c.
Partiamo col dire che il nostro codice civile, all’art. 337- septies, dispone che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico; la stessa norma, al secondo comma, disciplina il caso di figli maggiorenni portatori di handicap grave, per i quali è previsto lo stesso trattamento dei figli minorenni.
Quanto ai criteri per stabilire la permanenza dell’obbligo di versamento del mantenimento, essi sono stati delineati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, sviluppatasi nel corso degli anni.
L’orientamento della giurisprudenza
L’orientamento più recente, confermato da ultimo con la recente ordinanza n. 27904/2021, è che l’obbligo di mantenimento non cessi automaticamente con il raggiungimento della maggiore età del figlio, qualora questi, incolpevolmente, non abbia raggiunto l’autosufficienza economica.
A questa stregua, la valutazione che il Giudice deve compiere deve tenere conto dei diversi percorsi scolastici e formativi compiuti dal figlio, dei risultati ottenuti e, all’esito degli studi, dell’effettivo impegno per la ricerca di un’occupazione lavorativa.
Tale valutazione, inoltre, deve essere condotta in rapporto all'età del beneficiario, in modo da escludere che l’obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.
Principio di autoresponsabilità dei figli
Il principio della "funzione educativa del mantenimento" in capo ai genitori, pertanto, va di pari passo con il principio di "autoresponsabilità" e di “capacità lavorativa”dei figli, anche tenendo conto dei doveri gravanti sui figli adulti.
Secondo la Suprema Corte, pertanto, il figlio maggiorenne ha diritto al mantenimento solo ove dimostri - con onere probatorio a suo carico - che, ultimato il percorso di studi, si sia impegnato attivamente per la ricerca di un’occupazione, in base alle reali condizioni del mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nella ricerca di un lavoro corrispondente alle proprie ambizioni.
Qualora, nonostante tale attiva ricerca di autonomia economica, egli non sia riuscito a reperire un’occupazione, egli avrà diritto al mantenimento.
Revoca dell’assegno periodico
Dai principi innanzi richiamati, pertanto, possiamo concludere che l’inerzia nel cercare un lavoro, per quanto precario e non corrispondente alle aspirazioni e al percorso di studi effettuato, non attribuisce al figlio maggiorenne il diritto al mantenimento; di conseguenza il genitore obbligato al versamento può legittimamente chiedere la revoca, o quantomeno la riduzione dell’importo, dell’assegno periodico versato al figlio.