Molte controversie giudiziarie hanno per oggetto l’accertamento, da parte del Tribunale civile, della simulazione di contratti di compravendita immobiliare stipulati tra due parti, su richiesta di chi pretende di avere diritti sugli immobili trasferiti con quel contratto.
Si tratta, spesso, di azioni poste in essere da eredi la cui quota di legittima è stata lesa dall’atto traslativo, oppure di soggetti creditori dell’alienante, il quale, trasferendo la proprietà dei propri beni ad altri, impedisce loro di aggredirli per soddisfare il proprio credito.
Ma cos’è il contratto simulato? La definizione, elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, è quella secondo cui è tale un contratto apparente, che non corrisponde alle reali intenzioni delle parti, le quali, tra di loro, vogliono far valere effetti diversi da quelli propri del contratto stipulato.
SIMULAZIONE ASSOLUTA E RELATIVA
In particolare, si parla di “simulazione assoluta” quando le parti stipulano un contratto ma, in realtà, non vogliono alcun effetto tra di loro, di modo che solo apparentemente si realizza il trasferimento di un diritto o l’assunzione di un’obbligazione; si parla invece di “simulazione relativa” quando, pur avendo concluso un dato contratto, le parti in realtà intendono realizzare gli effetti di un contratto diverso, di cui solo le medesime parti sono a conoscenza e che è il contratto “dissimulato”.
ESEMPIO DI CONTRATTO SIMULATO
Nel caso frequente della compravendita simulata, se la parte alienante trasferisce la proprietà di uno o più beni immobili all’acquirente, ma tra di esse vi è l’accordo interno che i beni rimangano di fatto in capo all’apparente venditore, si è in presenza di una simulazione assoluta di compravendita; se, invece, l’intenzione reale delle parti contraenti non è quella di trasferire la proprietà di un bene verso corrispettivo di un prezzo – tipica della compravendita - ma quella di realizzare una finalità diversa, ad esempio una donazione, si sarà in presenza di una simulazione relativa.
CONTRODICHIARAZIONE
La volontà interna tra le parti contrattuali viene attestata in un documento scritto, la cosiddetta “controdichiarazione” o “controscrittura”, che ha effetto esclusivamente tra di esse.
Il nostro codice civile, nel disciplinare la simulazione, all’art. 1414 prevede che il contratto simulato, cioè quello apparente, non ha effetto tra le parti; tra di esse ha effetto il contratto dissimulato, purchè, nella stipula del contratto simulato siano stati rispettati i requisiti di forma e sostanza previsti per il dissimulato.
Per chiarire meglio, torniamo all’esempio precedente della compravendita che dissimula una donazione, oggetto di una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la n. 15095 del 02.07.2014.
La Corte ha affermato che, nel caso in cui sia stata accertata in giudizio la simulazione relativa di compravendita, in quanto non vi è stato alcun pagamento del prezzo e nella quale il negozio voluto dalle parti sia la donazione, ai fini della validità del contratto è necessario il rispetto della relativa forma, restando in mancanza tale atto invalido.
Nello specifico, la forma richiesta dalla legge per la validità della donazione, all’art. 782 c.c., è quella dell’atto pubblico, cioè, come specificato dall’art. 2699 c.c., del documento redatto da un notaio, o altro pubblico ufficiale autorizzato, con le richieste formalità, dunque alla presenza di due testimoni.
INVALIDAMENTO DELL'ATTO
La redazione in forma diversa, una scrittura privata autenticata e l’assenza dei testimoni, pertanto, rendono l’atto del tutto invalido, cosicchè, una volta accertato che le parti volevano realizzare una donazione invece che una compravendita, l’intera operazione negoziale è da considerarsi nulla, con ogni conseguenza di legge, non solo per quel che riguarda gli effetti tra le parti ma, soprattutto, nei confronti dei terzi danneggiati dal simulato trasferimento dei beni.