Il nostro ordinamento, nonostante la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha sancito la parità dei diritti e doveri tra marito e moglie, conserva un retaggio della società patriarcale in una norma, l’art. 143 bis del codice civile, che riguarda il cognome della moglie.
ART 143 BIS C.C.
L’articolo stabilisce che, dopo aver contratto matrimonio, la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Si tratta di una norma che, benché sia stata riformulata nel ’75, ha mantenuto l’assetto originario, affermando un diritto/dovere in capo alla sola moglie, quello di aggiungere al suo il cognome del marito.
Attualmente non è possibile, per la moglie, rinunciare a tale disposizione, anche se dal punto di vista amministrativo il cognome del marito non viene riportato sulla carta d’identità, la patente o il passaporto, né sugli atti e documenti amministrativi.
SOGGETTIVITA’ GIURIDICA
Per identificare giuridicamente un soggetto, infatti, è necessario indicare il suo nome e cognome risultante all’anagrafe, come dichiarato alla nascita; anche negli atti processuali l’indicazione del cognome del marito con riferimento alla moglie che sia parte nel processo, senza riportare il cognome di quest’ultima, determina la nullità degli atti medesimi.
SEPARAZIONE DEI CONIUGI
In caso di separazione dei coniugi la moglie conserva il cognome del marito in quanto il vincolo coniugale non perde i suoi effetti; il giudice, tuttavia può vietare alla moglie l’uso del cognome del marito, quando ciò risulti pregiudizievole per il marito, così come può autorizzare la moglie a non utilizzarlo qualora dall’uso possa derivare grave pregiudizio.
Si tratta di casi limite in quanto, come si è detto, l’affiancamento del cognome del marito è oramai desueto e la donna utilizza comunemente il proprio.
DIVORZIO
In caso di divorzio la legge prevede espressamente che la moglie perde il cognome del marito, sciogliendosi definitivamente il vincolo coniugale.
Anche in queste ipotesi possono esservi delle eccezioni: la moglie, nel procedimento di divorzio, può chiedere al Tribunale di conservare il cognome del marito in aggiunta al proprio, se sussiste un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.
Al di là di queste eccezioni se la ex moglie continua ad utilizzare il cognome del marito, dopo lo scioglimento del matrimonio, questi può chiedere al giudice di inibirne l’uso alla ex moglie e, nel caso si ravvisino danni, chiedere il risarcimento.
UNIONI CIVILI
Per finire, si segnala come la legge Cirinnà sulle unioni civili – di cui abbiamo trattato specificamente in altro articolo – sia caratterizzata da un assetto più moderno e conforme alla normativa europea, anche con riferimento al cognome; alle unioni civili, infatti, non si applica l’articolo 143-bis del codice civile.
Le parti dell’unione civile, una volta formalizzato il loro rapporto, possono scegliere liberamente quale cognome assumere dei loro due o mantenerli entrambi nell’ordine preferito.