La donazione è un tipico atto a titolo gratuito, caratterizzato dallo spirito di liberalità del donante verso il donatario, il quale riceve beni mobili, immobili, titolo di credito e relativi diritti, senza versare un corrispettivo al donante.
Requisito essenziale della donazione è la solennità della forma, che la legge indica nell’atto pubblico, redatto dal notaio alla presenza di testimoni; il mancato rispetto della forma solenne comporta come conseguenza la nullità della donazione.
DONAZIONI ATIPICHE O INDIRETTE
E’ possibile raggiungere lo scopo di liberalità anche attraverso atti diversi, detti donazioni “indirette”, accomunati dallo scopo dell’arricchimento del beneficiario e del correlativo impoverimento del disponente, senza che tuttavia sia stipulata una donazione formale, vale a dire il contratto nella forma dell’atto pubblico notarile.
La casistica è molto ampia: si va dal negozio misto compravendita-donazione, in cui per il bene oggetto di compravendita è stabilito un prezzo simbolico, a tutti i casi di contratto a favore di terzo, come avviene per i beni acquistati con denaro versato da terzi, alla fideiussione rilasciata in favore di un soggetto con contestuale rinunzia al diritto di rivalsa, fino alla cointestazione di un bene o di un conto corrente tra due soggetti, uno solo dei quali abbia sopportato l’esborso.
E’ importante stabilire se un atto di liberalità possa essere inteso come donazione tipica o indiretta, perché solo nel primo caso il mancato rispetto del requisito formale comporta la caducazione dell’atto in quanto nullo.
LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE
In materia di conto corrente è intervenuta a far chiarezza sull’argomento, nel giugno 2017, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 18725 del 27/07/2017, di cui ci siamo occupati in altro articolo.
Qui ricordiamo il principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui che il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.
IL CONTO CORRENTE COINTESTATO
Diversa l’ipotesi del conto corrente cointestato a due soggetti, uno solo dei quali effettua i versamenti mentre l’altro ne utilizza la provvista.
E’ il caso di cui si è occupata questa volta la seconda sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 28/02/2018 n° 4682, avente per oggetto il ricorso da parte di un soggetto cointestatario di un conto corrente, che rivendicava la sua quota parte di somme prelevate dall’altro, resistente nel giudizio, ritenendo che vi fosse stata una donazione indiretta di quest’ultimo in suo favore.
La Cassazione anzitutto rammenta che il regime formale della forma solenne (fuori dai casi di donazione di modico valore di cosa mobile, dove, ai sensi dell'art. 783 c.c., la forma è sostituita dalla consegna materiale del bene) è esclusivamente proprio della donazione tipica, e risponde a finalità preventive a tutela del donante, per evitargli scelte affrettate e poco ponderate, volendosi circondare di particolari cautele la determinazione con la quale un soggetto decide di spogliarsi, senza corrispettivo, dei suoi beni.
Per la validità delle donazioni indirette, prosegue la Corte, non è invece richiesta la forma dell'atto pubblico, essendo sufficiente l'osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità.
ANIMUS DONANDI
A proposito della cointestazione di conto corrente, con firma e disponibilità disgiunte, l’operazione è qualificabile come donazione indiretta qualora la somma depositata, all'atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l'arricchimento senza corrispettivo dell'altro cointestatario; unica condizione è che sia verificata l'esistenza dell' "animus donandi", consistente nell'accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.
Tale accertamento, conclude la Corte, deve basarsi sull’esame, necessariamente rigoroso, di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, nei limiti in cui risultino tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio da chi ne abbia interesse.