Nel nostro ordinamento in caso di scioglimento del matrimonio e cessazione degli effetti civili dello stesso nei confronti dell’ex coniuge economicamente più debole vige il principio di “solidarietà economica post-coniugale”, che garantisce a quest’ultimo un sostentamento, a determinate condizioni.
ASSEGNO DI DIVORZIO
Su tale principio si basa anzitutto il diritto all’assegno divorzile, previsto dall’art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, secondo cui “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
DIRITTO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITA’
La finalità di solidarietà economica si rinviene anche nella disposizione che stabilisce, sempre in caso di divorzio, il diritto alla pensione di reversibilità , sancito dall’art. 9 l. 898/1970, così come modificato dall’art.13 della legge 6 marzo 1987 n.74; tale norma al secondo comma stabilisce che “in caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”.
REQUISITI
Per l’ipotesi in cui esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell'assegno di cui all'art. 5; se, inoltre, in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonché a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze.
Dalla lettura della norma citata si evince, pertanto, che requisito per l’ottenimento dell’assegno di divorzio è la percezione, al momento della morte dell’ex coniuge, dell’assegno di mantenimento da parte del soggetto economicamente più debole, purché non sia passato a nuove nozze.
LE SEZIONI UNITE SULL’ARGOMENTO
Sul punto sono intervenute di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22434 del 24 settembre 2018, le quali hanno affermato che “ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, in favore del coniuge nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, nel testo modificato dall’art. 13 della legge 6 marzo 1987 n. 74, la titolarità dell’assegno, di cui all’articolo 5 della stessa legge 1 dicembre 1970 n. 898, deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno divorzile, al momento della morte dell’ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione”.
PRECLUSIONE ALLA REVERSIBILITA’
Ne consegue che se l’assegno divorzile, anziché essere erogato mensilmente venga attribuito in un’unica soluzione – modalità che gli ex coniugi possono concordare – anche mediante attribuzione di beni mobili o immobili, ciò preclude al beneficiario di ottenere, a seguito del decesso dell’ex coniuge, la pensione di reversibilità o quota della medesima.
La ragione di tale preclusione, secondo le Sezioni Unite, sta nel fatto che presupposto per l’attribuzione della pensione di reversibilità è il venir meno di un sostegno economico che veniva apportato in vita dal coniuge o ex coniuge scomparso, al fine di sopperire alla suddetta perdita; ne è conferma l’espressione “titolare dell’assegno”, contenuta nel terzo comma del suddetto articolo 9 l. 898/1970, che presuppone l’attuale fruibilità dell’assegno di divorzio al momento del decesso.