La legge fallimentare, di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267 e successive modifiche, prevede una serie di condizioni per l’assoggettamento dell’impresa al fallimento.
Oltre ai requisiti cosiddetti “soggettivi”, elencati all’art. 1, la legge prevede, all’art. 15 ultimo comma, un requisito “oggettivo”, cioè riferito all’ammontare dei debiti scaduti e non pagati.
Requisito oggettivo
Si parla, a tal proposito, di “minimo indebitamento” per indicare il limite di € 30.000 posto dalla legge, al di sotto del quale non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento.
Va detto che tale requisito, come gli altri di cui all’art.1, non è stato modificato dalla recente riforma del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al D. lgs n. 14 del 12 gennaio 2019, il quale all’art. 49 comma 5 conferma il limite suddetto, impedendo la dichiarazione di liquidazione giudiziale (espressione che ha sostituito il termine “fallimento”) in caso di debiti di ammontare inferiore.
Fase pre-fallimentare
L’accertamento del superamento, o meno, di tale soglia di indebitamento viene compiuto dalla sezione fallimentare del Tribunale competente per territorio, nella fase pre-fallimentare, riguardo ai debiti scaduti e non pagati alla data dell’istruttoria compiuta dal giudice.
In concreto, il Tribunale dinanzi al quale è stata presentata l’istanza di fallimento dovrà accertare, nel caso in cui il credito del ricorrente (solitamente un creditore del fallendo) sia inferiore alla suddetta soglia, se vi siano altre esposizioni debitorie risultanti dalla consultazione dell’anagrafe tributaria; in caso affermativo, dovrà sommare il credito del ricorrente con i dati emersi dall’informativa e, in caso affermativo, se sussistono anche i presupposti di cui all’art. 1 l.f., cioè i requisiti relativi all’ammontare dei debiti e dei ricavi, dichiarare il fallimento dell’impresa insolvente.
Accertamenti tributari
A proposito di tali accertamenti tributari riportiamo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 28192/2020, relativa ad un caso in cui l’impresa fallita aveva impugnato la sentenza dichiarativa del fallimento, ritenendo che non fosse stata superata la soglia del minimo indebitamento e che il Tribunale avesse erroneamente conteggiato i tributi risultanti dall’accertamento pre-fallimentare.
Secondo il ricorrente tali tributi non potevano essere presi in considerazione per verificare il superamento della soglia di fallibilità, in quanto non erano ancora stati iscritti a ruolo.
La Suprema Corte, nel rigettare tale motivo di ricorso, afferma che “ai fini del computo dell'esposizione debitoria minima prevista dall'art. 15, comma 9, l.fall. rilevano alla stregua di debiti scaduti e non pagati le passività tributarie portate da un avviso di accertamento conosciuto dal destinatario (per avvenuta sua notifica o perché acquisito in giudizio), a prescindere dall'iscrizione a ruolo e dalla trasmissione del carico fiscale all'agente della riscossione”.
Irrilevante l’iscrizione a ruolo esattoriale
Tale principio trae origine dalla la cd. “teoria dichiarativa dell'accertamento tributario”, fatta propria dalla Cassazione già in precedenti pronunce (Cass. Sez.U n. 4779-87 e Cass. Sez. U n. 9201-90) secondo cui l'avviso di accertamento possiede, quanto al presupposto del debito, una mera funzione ricognitiva non incidente sulla genesi di esso; ciò significa che l'atto di accertamento con natura dichiarativa è naturalmente retroattivo, nel senso che i suoi effetti retroagiscono al momento in cui è sorta l'obbligazione e poco importa se di essi si sia venuti a conoscenza per avvenuta previa notifica o perché acquisiti in giudizio, in ogni caso a prescindere dalla trasmissione del carico fiscale al concessionario per la riscossione.