Nelle procedure fallimentari non sempre tutti i creditori ammessi al passivo, cioè coloro che hanno chiesto al Tribunale di essere liquidati nell’ambito del fallimento del loro debitore, vengono soddisfatti nel pagamento del loro credito, che può avvenire solo in parte o non avvenire affatto.
Graduazione dei crediti
Ciò dipende dal sistema di graduazione dei crediti, in base al quale vengono preferiti i creditori privilegiati, primi fra tutti quelli ipotecari (perlopiù banche), in percentuale se l’attivo non è sufficiente a coprire l’intero, successivamente i creditori chirografari, coloro che per legge non hanno un diritto privilegiato, come ad esempio i crediti derivanti dall’emissione di fatture per servizi o commercio. Se, pertanto, i beni fallimentari non sono sufficienti a coprire tutti i crediti ammessi al passivo, si verificherà l’incapienza del patrimonio e la conseguente mancata soddisfazione di alcuni creditori.
Il nostro ordinamento, in ogni caso, consente loro di agire nei confronti dell’imprenditore fallito incapiente anche dopo la chiusura del fallimento, fino a totale soddisfacimento dei propri diritti, a meno che il fallito non presenti al Giudice fallimentare una richiesta di esdebitazione; tale possibilità prevista nella legge fallimentare all’art. 142, è stata confermata, con qualche modifica, nella riforma contenuta nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Condizioni per l’esdebitazione nella legge fallimentare
Le condizioni previste dall’art. 142 l.f. sono le seguenti: il fallito può esdebitarsi solo se è un imprenditore individuale, dunque sono escluse le società, mentre sono ammessi al beneficio i soci illimitatamente responsabili delle società di persone falliti unitamente alla società.
Le altre condizioni riguardano il comportamento del fallito nel corso del fallimento; infatti, per essere ammesso al beneficio, egli deve aver cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all'accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni; non deve aver in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura; non deve aver beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta; non deve aver distratto l'attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio; infine, non deve essere stato condannato con sentenza passata e giudicato per il reato di bancarotta fraudolenta o per delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l'esercizio dell'attività d'impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.
Se ricorrono queste condizioni, in base alla vecchia legge fallimentare, il fallito può fare istanza di esdebitazione, al Tribunale competente per il fallimento entro un anno dalla chiusura della procedura concorsuale, sempre che siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori concorsuali.
La riforma del Codice della Crisi d’Impresa
Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, di cui al d.lgs. 14/2019 e successive modifiche, entrato in vigore pienamente dal 15 luglio 2022, ha confermato la possibilità di esdebitarsi, una volta conclusa la liquidazione giudiziale (nuovo termine che ha sostituito il "fallimento"), con alcune modifiche, contenute negli artt. 278 -281.
Innanzitutto, la riforma ha esteso la possibilità di esdebitazione anche alle società, come dispone l’art. 278, con la precisazione che le condizioni stabilite per la società che presenta l’istanza devono sussistere anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e dei legali rappresentanti, con riguardo agli ultimi tre anni anteriori alla domanda cui sia seguita l'apertura di una procedura liquidatoria; ulteriore conseguenza è che l'esdebitazione della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
Restano esclusi dall'esdebitazione gli obblighi di mantenimento e alimentari, nonchè i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale e le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.
Nuove condizioni
Per quanto riguarda le condizioni, la riforma prevede che il debitore abbia diritto a conseguire l'esdebitazione decorsi tre anni dall'apertura della procedura di liquidazione o al momento della chiusura della procedura, se antecedente; il termine è ridotto a due anni quando il debitore ha tempestivamente proposto istanza di composizione assistita della crisi. Le condizioni relative al comportamento del debitore sono le stesse di quelle previste dall’art. 142 l.f., con la differenza che egli non deve aver beneficiato di altra esdebitazione nei cinque anni (non più dieci) precedenti la scadenza del termine per l'esdebitazione, per non più di due volte.