Con l’ “azione di regolamento dei confini”, il proprietario di un fondo che ritiene che il suo vicino non abbia rispettato le distanze tra costruzioni previste dalla legge, sconfinando nelle sua proprietà, ricorre in Tribunale per chiedere che, accertata la violazione, venga ordinato il ripristino dei luoghi ed il rispetto delle distanze legali.
Ricordiamo che in materia di distanze tra costruzioni il Codice Civile detta alcuna regole, contenute negli articoli 873 e 875, che sanciscono principi generali cui fare riferimento, fatte salve in ogni caso le norme dei regolamenti locali.
Artt. 873 e 875 c.c.
L’art. 873 c.c. stabilisce che le costruzioni su fondi confinanti, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri; nei regolamenti locali, tuttavia, può essere stabilita una distanza maggiore.
L’art. 875 c.c. prevede regole precise per quanto riguarda il muro di cinta, stabilendo che, quando il muro si trovi ad una distanza dal confine minore di un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella stabilita dai regolamenti locali, il vicino può chiedere la comunione del muro ma soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro stesso.
In tal caso egli dovrà pagare a chi ha costruito il muro per primo, oltre al valore della metà del muro, il valore del suolo da occupare con la nuova costruzione, salvo che il proprietario preferisca estendere il suo muro sino al confine.
Questi i principi generali che regolano le distanze fra le costruzioni.
Il giudizio in Tribunale
Quanto all’azione di regolamento dei confini, una volta introdotto il giudizio dinanzi al Tribunale del luogo dove si trova il fondo controverso, il Giudice, su istanza delle parti interessate, nominerà un consulente tecnico che dovrà valutare il rispetto o meno delle distanze legali, nonché verificare la situazione catastale dell’immobile.
Ulteriore accertamento che il Giudice dovrà compiere è quello relativo alla situazione dell’immobile al momento del primo atto di acquisto, per verificare gli interventi succedutisi nel tempo.
A tal proposito la Corte di Cassazione ha affermato che nell'accertamento del confine tra due fondi limitrofi costituenti lotti separati di un appezzamento originariamente unico va attribuita rilevanza ai tipi di frazionamento allegati ai singoli atti di acquisto e, nel caso in cui i dati sul confine siano discordanti e gli acquisti siano stati effettuati in tempi diversi, al confine indicato nel tipo di frazionamento allegato al titolo di acquisto formatosi e trascritto in epoca più risalente (Cassazione civile, sez. VI, 23 Giugno 2020, n. 12322).
Frazionamento in epoche successive
Il caso specifico esaminato dalla Corte riguarda l’ipotesi di frazionamento, in epoche successive, di un fondo in origine appartenente ad un unico proprietario, il quale abbia provveduto a venderlo, previa divisione in particelle, a più acquirenti, i quali, a loro volta, avevano alienato a terzi la proprietà.
Per accertare, in queste ipotesi, quale sia il confine tra le proprietà, afferma la Corte, la prova principale è da rintracciarsi nel titolo di acquisto originario o, almeno, nel più risalente nel tempo.