Gli istituti in commento costituiscono strumenti giuridici utilizzati per risolvere controversie legate alla delimitazione e identificazione esatta delle proprietà di due distinti soggetti. Pur essendo sempre istituti a tutela della proprietà, a differenza delle azioni possessorie o di rivendicazione, le azioni in esame servono quindi materialmente a chiarire la titolarità dei confini tra fondi contigui o a ripristinare i segni distintivi che li separano.
Per tale motivo, è chiaro che queste giochino un ruolo cruciale non solo per risolvere controversie presenti, ma anche - e soprattutto - per prevenire future dispute, garantendo che la separazione tra i fondi sia correttamente segnalata.
Sul punto della legittimazione attiva, si rileva che chiunque abbia un diritto di proprietà su un fondo contiguo a un altro può promuovere tali azioni per assicurarsi la giusta tutela dei propri diritti.
Cos'è l’azione di regolamento di confini?
Disciplinata dall’art. 950 c.c., questa azione si utilizza quando due proprietari non concordano sulla linea di confine tra le rispettive proprietà. In questo caso, il Tribunale interviene per determinare esattamente il confine basandosi innanzitutto su documenti come atti di acquisto o mappe catastali. Se tali prove risultano insufficienti o contrastanti, il giudice può stabilire il confine sulla base dell’uso effettivo del terreno da parte delle parti in causa.
Un elemento importante è che non vi è alcun termine di prescrizione per tale azione, poiché non riguarda il possesso, ma la delimitazione della proprietà.
Quando si utilizza l’azione di apposizione di termini?
L'azione di apposizione di termini, invece, trova applicazione quando i segni materiali che indicano il confine tra due fondi – come pietre, pali o altri marker – sono stati rimossi, distrutti o resi indistinguibili. In questo caso, quindi, il procedimento è instaurato principalmente al fine di ripristinare tali segni distintivi per evitare future controversie. Anche in tale evenienza il giudice, su richiesta di una delle parti, ordina l’apposizione dei nuovi termini in conformità ai documenti o alle prove raccolte durante il procedimento.
Qual è la differenza tra le due azioni?
La differenza fondamentale con l'azione di regolamento di confini e l'apposizione di termini consiste nel fatto che la seconda concerne solo la presenza fisica dei segni che separano le proprietà, senza influire sull’estensione o la titolarità delle stesse.
Entrambe le azioni, pur avendo obiettivi differenti, si inseriscono però nell’ambito della tutela della proprietà e offrono una soluzione legale “pacifica” alle dispute tra vicini. Il procedimento segue le forme del processo di cognizione, con la possibilità di un giudizio ordinario o semplificato, a seconda della complessità del caso. Al termine del procedimento, viene sempre emessa una sentenza che accerta i confini o ordina la reinstallazione dei termini.
Quali mezzi di prova sono ammessi nell'azione di regolamento di confini?
In primo luogo, è possibile avvalersi di ogni tipologia di documentazione scritta, come atti di acquisto, contratti di vendita o certificati di proprietà, che possano delineare la storia della proprietà e le relative delimitazioni. Anche le visure catastali o in conservatoria possono contribuire a chiarire le situazioni di fatto e di diritto legate ai confini.
In secondo luogo, risultano fondamentali perizie redatte da un geometra o un ingegnere di parte (CTP). In caso di contestazione, il giudice può anche ordinare ad un consulente tecnico d'ufficio (CTU) la redazione di una perizia tecnica d'ufficio per accertare i fatti.
Le testimonianze di terze persone che hanno conosciuto i luoghi o che hanno assistito a eventi significativi nella storia dei terreni (come ad esempio i precedenti proprietari o conduttori di un immobile) possono offrire un ulteriore supporto probatorio, fornendo informazioni utili per stabilire le consuetudini locali o l'uso di determinati appezzamenti nel tempo.