Lo spoglio e la manutenzione nell'ambito del possesso

un uomo scrive su un documento, vicino ad un martelletto del giudice e a un modellino di casa

Le azioni di spoglio e di manutenzione sono strumenti fondamentali per la difesa del possesso,in quanto permettono subito di reagire contro tutti gli atti illeciti che lo pregiudicano.

In questo senso, il codice civile, agli artt. 1168 e 1170, prevede specifici strumenti per intervenire in caso di sottrazione ingiusta o in presenza di molestie che ne impediscono il suo esercizio. Tali istituti consentono una rapida reazione senza dover attendere lunghi processi, garantendo così una tutela immediata e concreta.

Quali sono i presupposti per l'azione di spoglio?

L'azione di spoglio o di “reintegrazione”, prevista dall'art. 1168 del codice civile, è il rimedio esperibile da chi è stato privato del possesso di un bene in maniera violenta o clandestina. Lo scopo principale è quello di ristabilire la situazione precedente al fatto illecito, restituendo il possesso al soggetto che ne è stato ingiustamente privato.

La peculiarità risiede nel fatto che il possesso viene protetto indipendentemente dalla titolarità del diritto di proprietà, ciò significa che anche chi non è proprietario del bene, ma ne ha il possesso, di fatto può tutelarsi.

Affinché l'azione possa essere esperita, deve essere promossa entro un anno dall’avvenuto spoglio e lo spossessamento occorre che sia avvenuto in modo violento o clandestino.

L'esempio classico è il caso dell'occupazione abusiva di un immobile da parte di uno sconosciuto che ha forzato la serratura.

Cos’è l’azione di manutenzione?

L'azione di manutenzione, disciplinata invece dall'art. 1170 del codice civile, ha un obiettivo simile all’azione di spoglio, ma si differenzia per la sua finalità. In questo caso, infatti, mira a tutelare il possessore da molestie o turbative che ostacolano il normale godimento del bene, anziché dalla perdita totale dallo spossessamento.

I disturbi possono essere:

  • di fatto, come l’ostruzione di un passaggio (una catena su un cancello di ingresso) o l’impedimento nell’uso del bene;
  • di diritto, che si concretizzano in contestazioni giuridiche, almeno all'apparenza, ingiustificate (iniziare processi civili, di base, privi di fondatezza che mirano solo a procrastinare).

Per proporre l'azione di manutenzione, è necessario che il possesso sia stato pacifico e continuato da almeno un anno ed anche in questo caso l’azione può essere proposta entro un anno, dall’inizio delle molestie e non dallo spossessamento.

Come funziona il procedimento davanti al Tribunale?

Entrambe le azioni in narrativa si articolano in due fasi principali:

  • cautelare, ove il giudice, limitandosi a una sommaria valutazione dei fatti e senza entrare nel merito della controversia, interviene d'urgenza emettendo provvedimenti temporanei per garantire la reintegrazione della situazione di fatto o per far cessare le molestie;
  • a cognizione piena, in questo caso si apre un vero e proprio giudizio ordinario, dove entrambe le parti possono presentare le proprie prove e argomentazioni in un contraddittorio completo, con tanto, ad esempio, di prove testimoniali e consulenze tecniche d'ufficio.

Terminata quest'ultima fase, il Tribunale emette poi una sentenza, stabilendo se il possesso debba essere restituito, se le molestie debbano cessare e se vi è diritto al risarcimento dei danni.

Quali sono i soggetti che possono chiedere tutela?

I soggetti legittimati ad esperire queste azioni sono:

  • il proprietario;
  • il possessore, ossia colui che esercita di fatto un potere sul bene, anche se non è il proprietario;
  • il detentore qualificato, quindi chi possiede il bene in forza di un diritto reale di godimento (ad esempio, il conduttore di un immobile).

Una particolarità di queste azioni si basa sul fatto che costituiscono rimedi accessibili anche a chi detiene il bene in modo non esclusivo, come nel caso di comproprietà o comunioni di beni.

pubblicato il 03/10/2024

A cura di: Luca Giovacchini

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