Il tema intreccia necessariamente quella che è la disciplina dettata in materia di responsabilità dell'appaltatore chiamato in ipotesi a rispondere nei seguenti casi:
- per contratto verso il committente (colui che incarica la ditta appaltatrice) per i difetti che sono apparsi entro due anni dalla consegna del bene, salvo che non siano stati accettati (o che fossero facilmente riconoscibili);
- quella ex art.1669 c.c. per cui “quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.
In questo senso in caso di infiltrazioni dovute ad esempio ad una non adeguata coibentazione delle strutture perimetrali dell’edificio, attività che è sempre di competenza dell'appaltatore, ecco che può essere richiesto il risarcimento a carico del costruttore da parte dell’acquirente.
Cosa si intende per gravi difetti?
I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. possono essere identificati in vizi che:
- influenzano proprio la staticità dell'edificio, come ad esempio errato posizionamento di pilastri e travi;
- alterino sia la struttura stessa che la funzionalità dell'immobile, tanto da ridurne il godimento in misura apprezzabile come ad esempio, i rivestimenti, l'impianto di riscaldamento, la canna fumaria, l'errata realizzazione della copertura.
Nella nozione di gravi difetti possono dunque ricomprendersi anche le infiltrazioni d'acqua determinate da carenze d'impermeabilizzazione e da inidonea realizzazione degli infissi proprio in quanto incidenti in modo diretto sulla funzionalità dell'opera a discapito del godimento.
Entro quali termini occorre denunciare i vizi?
La normativa, almeno sotto questo profilo, è abbastanza semplice nel senso che lo stesso codice ha fissato per questa azione termini diversi (anche per natura) da distinguere nel modo che segue:
- Il primo è di dieci anni dal giorno nel quale il committente ha preso in consegna l'opera o da quello in cui è divenuta operativa la diffida, nel caso di una eventuale mora. Si tratta di un periodo entro il quale, semplicemente, il vizio deve manifestarsi e per tale motivo non è propriamente un termine di decadenza o prescrizione.
- Il secondo è invece ad esclusivo carico del committente, il quale dovrà denunciare il fatto entro un anno dalla scoperta, altrimenti decade dal suo diritto.
- Il terzo sempre a carico del committente e dopo la denuncia riguarda invece l'esercizio dell'azione di risarcimento (la causa vera e propria in Tribunale) da iniziare entro un anno dal momento della denuncia.
Da quando decorre il termine per la denuncia?
Il termine è estremamente importante in quanto stabilire a quale giorno deve ancorarsi la decorrenza del dies a quo potrebbe compromettere gli esiti di un'eventuale azione di risarcimento dei danni.
Sul punto un'interessante ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 28958 del 18 ottobre 2023 ha sancito il principio per cui il termine di un anno per la denuncia dei vizi/difetti decorre dalla effettiva conoscenza degli stessi, non potendosi onerare la parte danneggiata di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche che abbiano l'esclusivo fine di evitare prescrizioni e decadenze.
La piena conoscenza dei difetti costruttivi dell’immobile, quindi, si concretizza solo in assenza di convincenti elementi contrari anteriori da dedursi e provarsi dall’appaltatore all’atto di acquisizione di idonei accertamenti tecnici.