Cos'è il recesso in generale?
Il recesso è un particolare modo di risoluzione del contratto disciplinato dall'art.1373 c.c. il quale permette ad una parte di porre fine al contratto unilateralmente, senza il consenso dell'altra parte, purché questo non abbia avuto un principio di esecuzione: tale principio è applicabile a tutti i contratti ad esecuzione immediata, come ad esempio una compravendita oppure una permuta. Occorre comunque evidenziare che, una volta concluso il contratto, nessuno potrebbe pentirsene tornando indietro, salvo alcune particolari e specifiche ipotesi.
Discorso diverso è invece quello del recesso nei contratti ad esecuzione continuata o differita, come ad esempio la fornitura elettrica o, appunto, una locazione. In tale casistica è infatti sempre permesso un recesso per legge, anche successivamente all'esecuzione, purché abbia efficacia solo per le prestazioni successive alla data di comunicazione del recesso stesso. Sarebbe infatti difficile immaginare di poter recedere da una locazione o un affitto richiedendo indietro tutti i canoni versati nel tempo in quanto si è comunque usufruito di quel determinato bene.
Qual è la disciplina del recesso nelle locazioni?
Per quanto riguarda il recesso da parte del conduttore la L. 392/1978 all'art. 27 stabilisce che il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.
La disciplina del recesso da parte del locatore è invece diversa e ben più complessa in quanto la legge ha inteso tutelare l'inquilino e la stabilità del rapporto contrattuale, non consentendogli un recesso diretto ma solo un impedimento al rinnovo, a meno che non sussista un inadempimento da parte del conduttore, ma in tale casistica si parlerebbe più di risoluzione che recesso.
La normativa di riferimento è costituita dall'art. 29 comma 1 lett a) della L. 392/1978 il quale sancisce che il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza è consentito al locatore - previo inoltro di raccomandata entro dodici mesi da tale data - solo ove egli intenda:
- adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
- adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'articolo 27 o, se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all'esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali;
- demolire l'immobile per ricostruirlo, ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro;
- ristrutturare l'immobile al fine di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforme a quanto previsto nell'articolo 12 della legge 11 giugno 1971, n. 426, e ai relativi piani comunali, sempre che le opere da effettuarsi rendano incompatibile la permanenza del conduttore nell'immobile.
Quali sono i gravi motivi di recesso da parte del conduttore?
La legge non disciplina cosa siano i gravi motivi limitandosi alla menzione all'interno della norma.
Per questo motivo solo tramite l'esame delle sentenze emesse nel corso degli anni è stato possibile più o meno inquadrarli come tutti quei fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione.
Ne sono un esempio a titolo meramente esemplificativo:
- l'improvviso e imprevisto trasferimento del lavoratore ad altra sede oppure la perdita del lavoro;
- seri problemi familiari che rendono necessario il trasferimento;
- vizi strutturali all'immobile locato o al condominio di cui la proprietà se ne disinteressa;
- crescita o diminuzione del nucleo familiare.
Occorre porre particolare attenzione all'effettiva sussistenza dei gravi motivi in quanto il locatore, in difetto dei presupposti, potrà richiedere il risarcimento dei danni per l'illegittima risoluzione anticipata del contratto.