Il contratto preliminare, disciplinato dal codice civile all’art. 1351, viene normalmente stipulato nel settore delle compravendite immobiliari, dove è più sentita l’esigenza di anticipare l’assunzione degli impegni negoziali rispetto all’effetto traslativo della proprietà che si ha con la stipula del rogito.
Contenuto del contratto definitivo
Con il contratto "preliminare", infatti, le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, definitivo, di cui il primo deve già prevedere il contenuto essenziale; l’oggetto del definitivo, pertanto, è lo stesso del preliminare, salvo diversa volontà specificata dalle parti, mentre possono variare gli elementi non essenziali della negoziazione, come le condizioni relative al pagamento o altre clausole secondarie.
In proposito, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6223/018, seguendo un orientamento consolidato, ha affermato che, nel caso in cui le parti, dopo avere stipulato un contratto preliminare, abbiano stipulato il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto; infatti, il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco alla stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.
Altro punto di discussione è se le variazioni eventualmente apportate al contratto preliminare di compravendita di un immobile debbano rivestire necessariamente la forma scritta, per essere ritenute valide.
Modifica del termine
Di questo caso si è occupata sempre la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 8765/2021, relativamente al differimento del termine, inizialmente previsto nel preliminare, per la stipula del rogito; in particolare, nella causa sottoposta all’esame della Corte, il promissario venditore, successivamente allo scadere del termine previsto per la stipula del definitivo, aveva accettato un altro acconto dal promissario acquirente.
Successivamente, però, il promissario venditore aveva chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente, il quale non aveva tenuto fede all’obbligo di stipula del rogito; secondo il promissario acquirente, viceversa, l’accettazione dell’ulteriore acconto sul prezzo finale doveva essere interpretata come implicito consenso al differimento del termine, pur non essendo stato formalizzato per iscritto il nuovo accordo.
La Corte di Cassazione
La Cassazione, sul punto, osserva che "non è esatto che la modifica o la proroga del termine per la stipula del definitivo contenuta in un contratto preliminare costituisca una proposta contrattuale da farsi necessariamente per iscritto con la altrettanto necessaria accettazione scritta dell'altro contraente”.
Ciò in quanto, nei contratti per i quali è prescritta la forma scritta ad substantiam la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali, come l’oggetto e il prezzo, che devono risultare dall'atto stesso; qualora sia previsto un termine per la stipula del contratto definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta.
E, pertanto "per quanto concerne il preliminare di vendita immobiliare, la rinuncia delle parti di modificare (o di avvalersi di) uno degli elementi accidentali del negozio, come il termine oppure una condizione, non richiede la forma scritta, sia perchè detta forma è necessaria solo quando il diritto immobiliare costituisca l'oggetto diretto e immediato della rinuncia o della pattuizione, sia perchè l'accordo delle parti in ordine alla rinuncia o alla modifica non incide su alcuno degli elementi essenziali del contratto..." (Cass. n. 5197 del 2008).
Comportamento concludente
Non era, dunque, incorsa nelle denunciate violazioni di legge la corte territoriale lì dove ha ritenuto che l'accettazione, avvenuta dopo la scadenza del termine in precedenza pattuito, da parte dei promittenti venditori di un'ulteriore somma a titolo di caparra confirmatoria, si configurava come un comportamento concludente che, in quanto conforme a quelli fino a quel momento assunti dagli stessi, era tale da legittimare l'affidamento, in capo al promissario acquirente, in una proroga del termine per la stipula del contratto definitivo, e cioè, in definitiva, come un'inequivoca accettazione della richiesta di proroga di tale termine che il promissario compratore aveva formulato per iscritto.