In base all’art. 1418 c.c. il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, nonché per mancanza dei suoi requisiti essenziali, tra cui la volontà espressa senza coercizioni, per illiceità della causa o dei motivi.
Delitto di estorsione
In una recente sentenza, la n. 17959/2020, la Corte di Cassazione si occupa del caso di una compravendita di immobili, frutto di estorsione da parte dell’acquirente nei confronti della venditrice.
La vicenda traeva origine da una situazione di difficoltà economica in cui si era trovata una donna, fortemente indebitata, la quale si era rivolta ad un soggetto per un prestito in denaro, da restituire con interessi rivelatisi usurari; la difficoltà di restituire la somma aveva, quindi, costretto la donna a cedere all’estorsione dell’uomo, che l’aveva convinta a trasferirgli due immobili, in cambio del prestito ricevuto.
Il caso
A seguito del trasferimento la venditrice aveva sporto querela e l’uomo era stato condannato per il reato di estorsione; la donna quindi, al fine di ottenere la restituzione degli immobili ceduti sotto ricatto, aveva citato in giudizio l’uomo ed i prestanomi che avevano acquistato per suo conto, chiedendo che venisse dichiarata la nullità del contratto, effetto di estorsione.
Dopo l’accoglimento in primo grado della domanda, la Corte d’appello riteneva il contratto non affetto da nullità ma solo annullabile, sostenendo, in base a precedenti giurisprudenziali, che la volontà della venditrice non fosse del tutto viziata, in quanto comunque ella avrebbe potuto rifiutarsi di trasferire gli immobili, quindi che non fosse venuto meno il requisito di validità del contratto.
La Corte di Cassazione, a cui ha fatto ricorso la donna, ha, al contrario, affermato che l’intera operazione contrattuale fosse affetta da nullità, perché in violazione di norme imperative, quindi rientrante nella disposizione di cui all’art. 1418 I comma c.c..
Violazione di norme imperative
In particolare, secondo i giudici di legittimità, “il contratto stipulato per effetto diretto del reato di estorsione è nullo, ai sensi dell'art. 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti”.
Il delitto di estorsione, spiega la Cassazione, è, infatti, considerato di estremo allarme sociale per la sua diffusione sul territorio e per la sua nefasta incidenza sul tessuto economico della collettività, da cui consegue che la sanzione penale del delitto è posta a tutela di interessi non soltanto di tipo patrimoniale, ma anche di diritti inviolabili della persona, quali la libertà personale, e di interessi generali della collettività.
Effetti della nullità per i terzi
In ordine alla conseguenze della nullità del contratto concluso per effetto di estorsione, riguardo ai terzi che hanno acquistato in buona fede, la Corte afferma che la nullità del negozio per violazione di una norma imperativa ha valenza assoluta ed opera nei confronti di tutti i soggetti del rapporto, senza che alcuno di essi, richiamando posizioni personali (di presunta buona fede) o soggettive differenziate (di non partecipazione all'altrui attività delittuosa), possa giovarsi della situazione creatasi in dispregio del precetto legislativo.
L'illiceità del contratto esclude che possano venire in rilievo gli aspetti psicologici (motivi) e pertanto rende irrilevanti le singole posizioni soggettive (nello stesso senso si veda Cass. n. 1657 del 1996).