In una recente pronuncia a Sezioni Unite, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7634/16, ha affermato un importante principio in tema di canoni di locazione pagati “in nero” dal conduttore al proprietario, in base al quale il patto di maggiorazione del canone, con cui si stabilisce un canone maggiore rispetto a quello dichiarato e registrato, è nullo e non viene sanato dalla registrazione tardiva dello stesso, giacché essa rappresenta un fatto extra-negoziale, inidoneo ad influire sulla validità civilistica.
ART. 13 L. 431/1998
Per chiarire è opportuno partire dall’analisi dell’art. 13 della legge in materia locatizia n. 431/1998, che disciplina i patti contrari alla legge.
Tale norma, nella parte relativa all’ammontare dei canoni di locazione, sancisce la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato; è prevista, inoltre, la possibilità per il conduttore di agire per la restituzione delle maggiorazioni illegittimamente pagate, nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile.
EFFETTI DELLA REGISTRAZIONE: CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE
Sull’interpretazione del dettato normativo vi è stata, nel tempo, alternanza di opinioni dottrinali e di orientamenti giurisprudenziali, incentrate sulla registrazione del contratto: da una parte, si riteneva che poiché il contratto di locazione, pur se non registrato, è valido tra le parti, la mancata registrazione dovesse ritenersi irrilevante ai fini della determinazione del corrispettivo.
Secondo opposto orientamento la ratio della norma sarebbe stata proprio quella di agevolare una emersione dei contratti “in nero”, con la conseguenza che la mancata registrazione del contratto determinava l'invalidità di ogni pattuizione ivi contenuta.
LE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE
A sanare il contrasto di opinioni è intervenuta la Corte di Cassazione, con la citata sentenza pronunciata e Sezioni Unite: nel richiamare una precedente sentenza a Sezioni Unite, la n. n. 18213/2015, la Cassazione osservava che l'ipotesi disciplinata dalla L. n. 431 del 1998, art. 13, commi 1 e 2, e la relativa previsione di nullità del patto volto a determinare un maggior canone rispetto a quello dichiarato nel contratto registrato con canone fittizio, deve essere intesa come contratto simulato, che "si sostanzia nella stipula dell'unico contratto di locazione (registrato), cui accede, in guisa di controdichiarazione, …. la scrittura con cui il locatore prevede di esigere un corrispettivo maggiore da occultare al fisco.... La sostituzione, attraverso il contenuto della controdichiarazione, dell'oggetto apparente (il prezzo fittizio) con quello reale (il canone effettivamente convenuto) contrasta con la norma imperativa che tale sostituzione impedisce, e pertanto lascia integra la convenzione negoziale originaria, oggetto di registrazione”.
Secondo la Corte, dunque, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, non sanabile con eventuale registrazione tardiva.
La vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione vedeva protagonista il proprietario di un immobile, condannato in primo grado e in appello alla restituzione dei canoni percepiti dal conduttore, sulla base di accordo scritto ma non registrato, con cui si stabiliva un canone maggiore rispetto a quello previsto in altro contratto, questo debitamente registrato all’agenzia delle entrate.
Il proprietario motivava il ricorso adducendo la validità tra le parti dell’accordo non registrato, che – a sua volta – aveva costituito titolo per procedere a sfratto per morosità del conduttore.
NULLITA’ DELLA PATTUIZIONE SUL MAGGIOR CANONE
Enunciando il suddetto principio la Cassazione, pertanto, ha in sostanza ritenuto che la sanzione della nullità, di cui all’art. 13 comma 1 l. 431/1998, riguarda non la mancata registrazione dell'atto recante il prezzo reale ma la illegittima sostituzione di un prezzo con un altro, stabilito con contratto registrato.
Alla stregua di ciò la Corte, adita dal proprietario nella vicenda esaminata, rigettava il ricorso, confermando la legittimità della condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito dal conduttore.