Nel corso della vita di una società, sia essa di capitali o di persone, i soggetti che con essa vengono in contatto - in qualità di fornitori di opere e servizi, o in qualità di dipendenti cha hanno prestato attività lavorativa, più in generale i creditori della società - per il soddisfacimento dei propri diritti possono contare sul patrimonio sociale, costituito dai beni materiali ed immateriali di proprietà della società, nonché, nelle società di persone, anche sul patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili.
SOCIETA’ IN ATTIVO
Lo svolgimento dell’attività di cui all’oggetto sociale, la chiusura in attivo del bilancio sociale, l’assenza di iscrizioni pregiudizievoli a carico della società, sono tutti segnali di vitalità dell’impresa, che lasciano ben sperare nella solvibilità delle obbligazioni contratte.
Quando, al contrario, anziché produrre utili, la prosecuzione dell’attività sociale diventa un costo insostenibile per i soci, la messa in liquidazione della società diventa inevitabile e, con essa, sorge l’urgenza, per chi vanta crediti, di affrettarsi per cercare di realizzare un congruo soddisfacimento delle pretese o, almeno, di limitare al minimo le perdite.
LA FASE DELLA LIQUIDAZIONE
E’ utile, in questa fase, per i creditori sociali, attivarsi per sollecitare il liquidatore – organo nominato dall’assemblea dei soci, il quale assume la rappresentanza legale dell’impresa – al pagamento delle somme dovute, con atti di messa in mora e, ove necessarie, azioni giudiziarie per la tutela delle proprie ragioni.
Può accadere, infatti, che una volta chiusa la procedura di liquidazione e giunti al momento finale della vita dell’impresa, cioè la cancellazione dal Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, alcuni rapporti giuridici siano rimasti insoddisfatti: in tal caso, per il titolare del diritto di credito insoluto, rimane ben poco da fare, non avendo più alcuna possibilità di esercitare azioni giudiziarie nei confronti della società.
L’ART. 2495 C.C.
Quanto innanzi è enunciato all’art. 2495 del codice civile, il quale, al secondo comma dispone che “ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e, nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi”.
Come ha chiarito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013, a seguito della riforma del diritto societario (d.lgs. n.6/2003) l’art. 2945 c.c. è stato innovato nel senso che se, da una parte, la cancellazione della società ne produce l’immediata estinzione, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o rapporti pendenti, dall’altro in capo ai soci si verifica una successione nei rapporti obbligatori.
LA RESPONSABILITA’ DEI SOCI A SEGUITO DELL’ESTINZIONE
La conseguenza è che, per i rapporti passivi, i soci ne risponderanno ma soltanto nei limiti di quanto riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, salvo che, durante la vigenza della società, la loro responsabilità fosse illimitata, nel qual caso essi risponderanno dei debiti sociali anche a seguito dell’estinzione della società.
Se, pertanto, prima della riforma un ostacolo alla chiusura delle società era costituito dalla pendenza di rapporti giuridici, accertati o in corso di accertamento, a seguito dell’innovazione del diritto societario è possibile per il liquidatore procedere alla richiesta di cancellazione dal Registro Imprese, con le conseguenze descritte per i creditori sociali insoddisfatti.