Il danno da perdita di chance in ambito sanitario

medico con le braccia incrociate

Quando si parla di “perdita di chance” nel settore della responsabilità sanitaria, si fa riferimento al risarcimento che può essere riconosciuto per la perdita di una concreta opportunità di guarigione o di miglioramento della salute di un paziente. Tali opportunità possono essere compromesse dalla condotta negligente di medici o strutture sanitarie, generando un danno patrimoniale o non patrimoniale.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha consolidato il concetto attraverso una serie di importanti pronunce. Oggi è pacifico e ormai acquisito dal nostro ordinamento che la chance risarcibile deve essere:

  • concreta;
  • quantificabile;
  • diversa dal ristoro del danno biologico o esistenziale.

In altre parole, come sarà meglio specificato, ciò che si intende risarcire è la perdita di una possibilità realistica di miglioramento, non il danno alla salute già subito (danno emergente).

Quali sono le condizioni per il risarcimento?

Per ottenere il risarcimento, è necessario dimostrare il nesso causale tra l’errore medico e la perdita della possibilità di miglioramento della salute. Il paziente deve quindi provare, con elementi concreti, che se il medico avesse seguito le linee guida, la sua condizione di salute sarebbe verosimilmente migliorata.

In questi casi, a differenza della maggior parte dei contenziosi in materia di responsabilità civile, l’indennizzo non si basa su un risultato certo, ma su una probabilità concreta di evitare l’aggravamento e/o di migliorare la propria condizione. La giurisprudenza, infatti, ha chiarito che l’onere della prova deve fondarsi su una valutazione probabilistica. Questo approccio ha riconosciuto la perdita di chance come un danno autonomo e risarcibile, anche se il nocumento alla salute non è necessariamente attribuibile in toto all’errore medico.

Quali sono i casi di responsabilità della struttura sanitaria?

La fonte normativa “base” di tale responsabilità è disciplinata dall’art. 1228 c.c., il quale stabilisce che il debitore (in questo caso, la struttura) risponde anche per i fatti colposi dei terzi, dai quali si avvale (della loro opera lavorativa) nell’adempimento dell’obbligazione, come ad esempio il personale medico.

Ciò posto, quando il danno è causato da una negligenza sistemica o da carenze organizzative, la responsabilità può estendersi alla struttura stessa, oltre che al singolo operatore sanitario. La struttura medica (il datore di lavoro) è infatti tenuta a rispondere per tutte quelle omissioni e carenze che abbiano impedito ai professionisti di seguire protocolli e linee guida mediche.

Che differenza c'è tra danno-evento e danno-conseguenza?

Il danno-evento rappresenta il fatto dannoso in sé, cioè l’azione o l’omissione che ha causato la perdita della possibilità di guarigione o miglioramento per il paziente. Come anticipato, nella casistica in esame, il danno-evento non coincide con il danno biologico (ossia il peggioramento della salute), ma piuttosto con la perdita di una possibilità concreta di ottenere un risultato positivo.

Il danno-conseguenza, invece, è il peggioramento delle condizioni di vita del paziente che segue al danno-evento. Riguarda quindi il danno biologico o morale che il paziente subisce a causa del deterioramento della propria condizione fisica o mentale.

Questa distinzione è essenziale per separare il concetto di danno alla salute da quello di perdita di un'opportunità, stabilendo che il risarcimento non si estende al peggioramento delle condizioni di salute, ma si limita alla perdita di una possibilità concreta di miglioramento.

È proprio questa impostazione che riflette un’evoluzione della giurisprudenza verso una visione più articolata e complessa della responsabilità civile in ambito sanitario.

pubblicato il 30/10/2024

A cura di: Luca Giovacchini

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