La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, la n. 18047 del 10.07.2018, è intervenuta in materia di risoluzione del contratto di acquisto di pacchetti turistici, affermando un principio destinato a far discutere e creare qualche preoccupazione tra gli addetti al settore.
IL CASO
Il caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità aveva per oggetto il ricorso, da parte di un tour operator, avverso la sentenza d’appello che aveva dato ragione ad un soggetto, acquirente di un pacchetto turistico all inclusive, il quale, a causa di una grave e comprovata patologia sopravvenuta a pochi giorni dalla partenza, non aveva potuto usufruire del viaggio ed aveva chiesto il rimborso totale del prezzo versato all’agenzia di viaggi.
ART. 1463 C.C.
La Corte di Cassazione conferma la sentenza impugnata e le ragioni dell’acquirente, sulla base di una norma generale contenuta nel codice civile, l’art. 1463, che disciplina l’ipotesi della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta.
Ricordiamo che tutti i contratti possono risolversi, cioè essere resi inefficaci, per motivi soggettivi, imputabili all’inadempimento di una delle parti, oppure per motivi oggettivi, come l’impossibilità sopravvenuta di cui innanzi.
La norma citata, infatti, dispone che nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito.
IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA
Affinché operi l’effetto liberatorio è necessario che la impossibilità sia oggettiva, cioè dipenda da fatti estranei alla volontà o alla sfera di controllo del debitore, ossia da eventi che non si possono prevedere od evitare.
Tra questi eventi si è soliti ricomprendere fatti imputabili a terzi (ad esempio uno sciopero, una manifestazione o altro evento che impedisca la prestazione), comunque eventi esterni; in generale non si fa riferimento a malattie sopravvenute di una delle parti, che potrebbero essere ritenute rientranti nella sfera soggettiva, seppure non imputabili a volontà del soggetto.
LA CASSAZIONE
Questa, infatti, la tesi sostenuta dal tour operator nel giudizio giunto all’esame della Suprema Corte, la quale ha smentito tale ricostruzione, affermando, al contrario, che si deve escludere che l'impossibilità sopravvenuta debba essere necessariamente ricollegata al fatto di un terzo, potendosi allargare l'applicazione della norma a tutti i casi, meritevoli di tutela, in cui sia impossibile, per eventi imprevedibili e sopravvenuti, utilizzare la prestazione oggetto del contratto, incluso, quindi, il caso di malattia sopravvenuta.
Nel caso specifico si trattava di una patologia di una certa gravità; ciò induce a pensare che la stessa conclusione non possa essere tratta in casi di malattie lievi o passeggere, che potrebbero consentire, ad esempio, uno spostamento della data di partenza.
Ulteriore contestazione mossa dal tour operator, e rigettata dalla Cassazione, riguardava la mancata stipula, da parte dei contraenti, della polizza assicurativa volta a coprire eventi imprevedibili come quello in esame, stipula che, tuttavia, all'epoca dei fatti costituiva una mera facoltà sia per il cliente che per l'operatore turistico, motivo che rendeva la circostanza irrilevante.
RISCHIO A CARICO DEL TOUR OPERATOR
Secondo la Corte, infine, doveva ritenersi infondata anche l'argomentazione della ricorrente, secondo cui la risoluzione del contratto in questione comportava uno sbilanciamento del sinallagma contrattuale e il trasferimento del rischio dell'evento accidentale a totale carico del tour operator; infatti, precisano i giudici di legittimità l'art. 1463 c.c assume una funzione di protezione in relazione alla parte impossibilitata a fruire della prestazione pattuita e ciò è funzionale, in linea generale, proprio alla ricostituzione del sinallagma compromesso, non spostando l'ambito contrattuale della responsabilità.