Il mancato pagamento dell’assegno bancario o postale, che risulti scoperto o non venga accettato allo sportello per irregolarità del titolo, consente al creditore rimasto insoddisfatto di “protestarlo”.
La levata del protesto è la procedura con cui il pubblico ufficiale – notaio o ufficiale giudiziario o addetto comunale – attesta il mancato pagamento dell’assegno; deve essere richiesta ed effettuata entro 8 giorni dalla presentazione dell’assegno, se questo è pagabile nello stesso Comune, termine che si allunga per le ipotesi di pagamento al di fuori del Comune del debitore.
REGISTRO DEI PROTESTI E RIABILITAZIONE
I protesti devono essere trasmessi alla Camera di Commercio, che provvede mensilmente a pubblicarli nel Registro informatico dei protesti; il soggetto protestato, inoltre, viene iscritto presso la C.A.I., ossia la Centrale di Allarme Interbancaria, atto che comporta l’impossibilità di emettere assegni per un periodo di 6 mesi.
Una volta protestato l’assegno, il creditore della somma non pagata può ricorrere al giudice ed ottenere un titolo esecutivo per soddisfarsi sui beni del debitore; se il debitore protestato paga il creditore, prima o dopo l’instaurazione del giudizio, egli ha diritto ad ottenere la riabilitazione.
Per ottenere il provvedimento di riabilitazione il soggetto protestato, dopo 1 anno dal giorno della levata del protesto, deve presentare un’istanza in Tribunale; una volta ottenuto il provvedimento, potrà ottenere la cancellazione dal registro informatico protesti.
IRREGOLARITA’ DEL TITOLO: LA FIRMA ILLEGGIBILE
Tra i motivi che consentono la levata del protesto, oltre alla mancanza di copertura finanziaria, vi sono anche le irregolarità del titolo, come il furto o lo smarrimento dell’assegno, oppure irregolarità della firma, ad esempio quando sull’assegno sia stata apposta una firma illeggibile e non rispondente allo specimen depositato in banca, oppure la firma sia stata apposta da persona diversa dal titolare del conto bancario.
Riguardo a tali ultime due ipotesi la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19487/2018, ha distinto le modalità e gli effetti del protesto; infatti, nel caso in cui la firma di traenza indichi un nome completamente diverso dal titolare del conto corrente, tale che non sia possibile ingenerare nella banca trattaria il dubbio dell'apparente riferibilità dell'assegno al predetto titolare, non vi è ragione di elevare il protesto a suo nome, giacché è sufficiente, al fine di conservare l'azione contro gli obbligati, che il protesto sia levato a nome di colui che risulta aver emesso l'assegno, non essendovi neppure interesse a conoscere il nome del titolare del conto su cui l'assegno è tratto, né la sua solvibilità.
FIRMA DIVERSA DALLO SPECIMEN
Nella diversa ipotesi di firma apposta sull'assegno interamente o parzialmente illeggibile, diversa dallo specimen depositato in banca, non potendosi ritenere con probabile certezza che il soggetto che abbia firmato l'assegno sia diverso dal titolare del conto - in forza di altri elementi emergenti dallo stesso assegno e in ragione dell'obbligo di custodia degli assegni gravante sul titolare del conto - il protesto può essere elevato a nome dell'intestatario del conto.
E, ciò, soprattutto se non è stato denunziato lo smarrimento o il furto del titolo, come nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte nella sentenza citata, in cui il ricorrente, legale rappresentante di una società, si era visto protestare un assegno pur sostenendo di non averlo mai firmato.
CIRCOLARE MINISTERIALE
Nel rigettare il ricorso, i giudici di legittimità richiamano, tra l’altro, la circolare del Ministero dell'Industria n. 3512/C, che, nell'ipotesi di firma illeggibile o parzialmente illeggibile diversa dallo specimen depositato in banca, in assenza di denuncia di smarrimento e di furto, stabilisce che gli Uffici periferici della CCIAA devono provvedere alla pubblicazione del protesto “con il codice 32” e con la dizione "assegno recante una firma di traenza illeggibile e non corrispondente allo specimen depositato in banca".