In caso di separazione tra coniugi tra i primi provvedimenti che il Tribunale deve adottare vi è quello riguardante l’assegnazione della casa coniugale, cioè dell’abitazione nella quale fino a quel momento i coniugi ed i loro figli, ove presenti, hanno vissuto.
Si tratta di un provvedimento molto importante, in quanto la sua valenza non è soltanto di tipo economico, per equilibrare i reciproci doveri e venire incontro alle esigenze del coniuge più debole, ma soprattutto di tipo affettivo e sentimentale, garantendo in particolare ai figli la continuità dell’ambiente familiare.
ART. 337 SEXIES C.C.
Proprio in vista di tale ultima funzione nel 2013 la norma del codice civile, l’attuale art. 337 sexies, che disciplina l’assegnazione della casa familiare e le prescrizioni in tema di residenza, è stata parzialmente modificata ed inserita nel capo dedicato all’ “esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio ”.
La suddetta disposizione in apertura stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli, secondariamente dei rapporti economici tra i coniugi e dell’eventuale titolo di proprietà della casa; il provvedimento di assegnazione della casa, inoltre, è modificabile nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio
La priorità che il nostro ordinamento attribuisce all’interesse dei figli, rispetto alle ragioni economiche di cui il Tribunale deve tenere conto nell’adottare i provvedimenti relativi alla separazione o al divorzio, emerge, oltre che dalla lettera dell’art. 337 sexies c.c., anche dalle pronunce della Corte di Cassazione in materia.
LA CASSAZIONE
Sull’argomento si segnala l’ordinanza della I sezione della Corte di Cassazione civile, la n. 25064 del 12 ottobre 2018, nella quale è stato affermato che la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate.
Per questa ragione, prosegue la Corte, è estranea alla decisione del Tribunale ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico.
IL CASO
Nel caso sottoposto all’esame dei giudici di legittimità inizialmente il Tribunale - investito della causa di separazione tra due coniugi con due figli, uno minorenne e l’altra maggiorenne ma non autosufficiente economicamente – aveva disposto l’affidamento congiunto del minore con collocazione prevalente presso il padre, cui era stata assegnata la casa coniugale; nei confronti della madre e della figlia maggiorenne con lei convivente il Tribunale aveva stabilito un assegno di mantenimento, il cui obbligo di versamento gravava sul padre ed il cui ammontare doveva tenere conto del canone di locazione che la moglie avrebbe dovuto sostenere per un nuova abitazione.
La Corte d’appello, adita dalla moglie in sede di reclamo, modificava tale provvedimento, assegnando a lei la casa familiare e revocando, di conseguenza, la previsione dell'obbligo del coniuge di contribuire economicamente al reperimento di altro alloggio da parte della moglie, mentre il figlio minore si era trasferito dalla nonna, cosicchè detta casa coniugale poteva definirsi "stabile abitazione" per la figlia e non per il figlio minore.
Avverso la suddetta pronuncia il marito proponeva ricorso per cassazione, rigettato sulla base della considerazione che la figlia convivente con la madre aveva mantenuto uno stabile collegamento con la casa familiare, mentre il figlio minorenne (in procinto di compiere i 18 anni) se ne era volontariamente allontanato.
INTERESSE PREVALENTE DEI FIGLI
La Cassazione, in proposito, richiama precedenti giurisprudenziali secondo cui l'assegnazione della casa coniugale non rappresenta, una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare il mantenimento del coniuge più debole, ma è espressamente condizionata soltanto all'interesse dei figli, essendo scomparso il "criterio preferenziale" costituito dall'affidamento della prole, a fronte del superamento, in linea di principio, dell'affidamento monogenitoriale in favore della scelta, di regola, dell'affido condiviso (C. Cost. 308/2008).
La stessa Corte (Cass. 23591/2010) ha infatti ribadito che "la scelta cui il giudice è chiamato non può prescindere dall'affidamento dei figli minori o dalla convivenza con i figli maggiorenni non ancora autosufficienti che funge da presupposto inderogabile dell'assegnazione" e che "suddetta scelta, inoltre, neppure può essere condizionata dalla ponderazione tra gli interessi di natura solo economica dei coniugi o tanto meno degli stessi figli, in cui non entrino in gioco le esigenze della permanenza di questi ultimi nel quotidiano loro habitat domestico"; l'assegnazione della casa familiare in conclusione è "uno strumento di protezione della prole e non può conseguire altre e diverse finalità" .