Riportiamo un’interessante pronuncia della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 25925 del 2 settembre 2022, nella quale si affermano alcuni importanti principi in materia di separazione personale dei coniugi.
Il caso esaminato dalla Cassazione
Il caso riguarda il ricorso presentato da un soggetto, il quale dopo essersi separato consensualmente e aver omologato l’accordo di separazione dinanzi al tribunale, aveva chiesto successivamente di dichiarare la nullità delle pattuizioni patrimoniali, in quanto l’attribuzione dei beni mobili e immobili era stata fatta, a suo dire, in modo sperequativo e a vantaggio dell’altro coniuge. Sia in primo grado che in appello la domanda era stata rigettata, per cui il soggetto aveva adito la Corte di Cassazione; anche i giudici di legittimità, infine, avevano respinto il ricorso, in considerazione del valore da attribuire agli accordi di separazione omologati dal Tribunale.
Contenuto degli accordi di separazione consensuale
La Suprema Corte rileva, in primo luogo, che alla base della separazione consensuale ex art. 158 c.c. vi è l’accordo tra i coniugi finalizzato sia alla definizione dei rapporti patrimoniali tra i medesimi, sia alla regolamentazione dei rapporti con i figli, per il tempo successivo alla separazione. Tali accordi si compongono di un contenuto necessario, comprendente le pattuizioni connesse all’assegno di mantenimento, la collocazione dei figli minori, l’assegnazione della casa familiare, e un contenuto eventuale, concernente determinazioni ulteriori di natura patrimoniale. Nel tempo, prosegue la Corte, si è attribuito un valore diverso agli accordi di separazione consensuale: in passato, infatti, essi erano ritenuti del tutto estranei alla materia e alla logica contrattuale, affermando che si perseguiva un interesse della famiglia trascendente quello delle parti, e l'elemento patrimoniale, ancorché presente, era strettamente collegato e subordinato a quello personale (in tal senso Cass. n. 18066/2014).
Natura negoziale degli accordi
La visione attuale, escludendosi che l'interesse della famiglia sia superiore a quello dei singoli componenti, è quella di ammettere la natura essenzialmente negoziale dell’accordo di separazione consensuale, espressione della capacità dei coniugi di autodeterminarsi responsabilmente. Per questa ragione, nei verbali di separazione consensuale sono frequenti le clausole contenenti trasferimenti di proprietà o altri diritti reali su beni immobili o mobili da un coniuge all'altro. In proposito, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che le clausole dell'accordo di separazione consensuale a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o a entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni - mobili o immobili - o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c.
Valore di atto pubblico
Tale atto, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., purché risulti l'attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all'art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985, come introdotto dall'art. 19, comma 14, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. dalla l. n. 122 del 2010 (Cass.,
S. U., n. 21761/2021). Il giudice, pertanto, in ragione dell'ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse della famiglia superiore rispetto a quelli dei singoli componenti, realizza, su tali accordi, un controllo solo esterno in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli. Nel caso di specie, l’esclusione della sperequazione nelle condizioni di separazione dipendeva dalla interpretazione letterale dell’accordo inserito nel verbale di udienza, avendo il giudice stabilito che le parti avessero inteso pattuire, in primo luogo, l’assegnazione di due immobili alla moglie, con l’espressa previsione che nulla dovesse essere pagato alla stessa, avendo il marito trattenuto per sé beni di pari importo, con ciò realizzando una corretta ripartizione delle quote della comunione legale.