In base all’art.19 legge 74/87 tutti gli atti e gli accordi conclusi in sede di separazione dei coniugi sono esenti da imposte e tasse; la norma, in particolare, stabilisce che tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di mantenimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa.
Atti esenti
Ciò significa, ad esempio, che se, separandosi, i coniugi trasferiscono un immobile da uno all’altro oppure lo intestano ai figli, al fine di regolare i reciproci rapporti patrimoniali, non dovrà essere pagata alcuna imposta di registro né altri emolumenti, a parte, ovviamente, l’onorario del notaio e degli altri professionisti intervenuti. Analogamente sono esenti i trasferimenti di beni mobili, di titoli e fondi d’investimento come pure le cessioni di quote di società; è quanto ha precisato di recente la Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 26363 del 7 settembre 2022, in un caso in cui l’Agenzia delle Entrate aveva impugnato la decisione delle commissioni tributarie territoriali, che avevano confermato l’esenzione dal pagamento dell’imposta sostitutiva dell’atto di cessione di quote sociali da un coniuge all’altro, annullando l’avviso di pagamento notificato al coniuge cessionario.
Ambito di applicazione dell’art. 19 l. 74/87
Secondo l’Agenzia delle Entrate, la cessione non poteva farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 19 l. 74/87, trattandosi di atto che esulava dalla regolazione dei rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso dell’ente e confermando le decisioni delle commissioni tributarie, afferma che l’esenzione di cui alla legge n. 74/1987 va applicata a tutti gli atti e a tutte le convenzioni che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili e immobili all'uno o all'altro coniuge. È, pertanto, irrilevante che l'accordo patrimoniale concluso in sede di separazione abbia ad oggetto la cessione di quote sociali, piuttosto che il trasferimento di beni immobili, con applicazione di tributi indiretti, atteso che l’art. 19 non opera alcuna distinzione tra atti aventi ad oggetto beni immobili e atti riferiti a beni mobili, né contiene una limitazione dell'ambito di operatività del regime di esenzione alle sole imposte indirette, ai fini della sua applicazione.
Contratti della crisi coniugale
La Cassazione conclude confermando l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, in base al quale anche gli accordi che prevedano, nel contesto di una separazione tra coniugi, atti comportanti trasferimenti patrimoniali dall'uno all'altro coniuge o in favore dei figli, debbano essere ricondotti nell'ambito delle condizioni della separazione di cui all'art. 711, comma 4, c.p.c. Ciò in considerazione del carattere di "negoziazione globale" che la coppia attribuisce al momento della conclusione del rapporto coniugale e agli accordi patrimoniali, da qualificarsi come contratti tipici denominati "contratti della crisi coniugale", la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso la crisi coniugale.