L’art. 9 della legge n. 898/70, nota come legge sul divorzio, al secondo comma prevede che in caso di morte dell'ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno divorzile, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.
Ex coniuge divorziato
In base a tale disposizione, pertanto, l’ex coniuge divorziato che percepisce l’assegno di divorzio ha diritto, alla morte del soggetto che erogava l’assegno, alla pensione di reversibilità, purché, come hanno precisato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 22434/2018, la titolarità dell’assegno di divorzio sia attuale al momento della morte dell’ex coniuge, nel senso che l’assegno divorzile non deve essere stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un’unica soluzione. Ne consegue che se l’assegno divorzile, anziché essere erogato mensilmente venga attribuito in un’unica soluzione – modalità che gli ex coniugi possono concordare – anche mediante attribuzione di beni mobili o immobili, ciò preclude al beneficiario di ottenere, a seguito del decesso dell’ex coniuge, la pensione di reversibilità o quota della medesima.
Coesistenza di ex coniuge e coniuge superstite
Il terzo comma dell’art. 9 richiamato disciplina invece l’ipotesi in cui, alla morte di uno dei coniugi, vi sia il coniuge superstite e l’ex coniuge divorziato, entrambi aventi diritto alla pensione di reversibilità; in questi casi, la pensione viene ripartita in base a criteri che tengono conto della durata del rapporto e della condizione economica di ciascuno. Il principio è stato chiarito di recente dalla Cassazione, con l’ordinanza n. 25369/2022, in un contenzioso insorto tra la moglie superstite del soggetto deceduto e l’ex moglie divorziata che percepiva l’assegno divorzile, nel quale veniva contestata la ripartizione al 50% della pensione tra le due parti in causa. La Corte d’appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva attribuito una quota maggiore, pari al 75%, all’ex coniuge divorziata, tenuto conto, oltre che della durata del matrimonio, delle condizioni economiche della stessa, ritenute più svantaggiate di quelle del coniuge superstite.
Criteri di ripartizione
La Cassazione, adita da quest’ultima, conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in caso di decesso dell'ex coniuge, la ripartizione dell'indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, deve essere effettuata ai sensi dell'art. 9, comma 3, della legge n. 898 del 1970, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica dell'istituto e individuati dalla giurisprudenza, quali l'entità dell'assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le condizioni economiche di entrambi, tenendo inoltre conto della durata della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi e provi la stabilità e l'effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il de cuius.