Si segnala una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 21887/2022, nella quale si pone l’accento sulle finalità dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, introdotto in Italia dalla legge n. 6/2004 e disciplinato dal codice civile agli articoli 404 ss.
Scopo dell’amministrazione di sostegno
Lo scopo dell’amministrazione, delineato dalla normativa predetta, è quello di consentire al soggetto che abbia limitazioni fisiche o psichiche, tali da non compromettere totalmente la capacità di agire e di attendere alle esigenze quotidiane, di farsi assistere nelle operazioni di maggiore complessità da un amministratore nominato dal Tribunale, in particolare per quel che riguarda la gestione del proprio patrimonio. Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in generale, può compiere tutti gli atti che non richiedono la presenza dell’amministratore – come indicati dal giudice tutelare nel provvedimento di nomina - conservando in ogni caso la capacità di svolgere autonomamente le attività quotidiane; egli, inoltre, può fare testamento, purché capace di intendere e di volere al momento dell’atto, può sposarsi e riconoscere i propri figli.
La scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario; il giudice tutelare, pertanto, sceglierà preferibilmente l’amministratore tra i prossimi congiunti, quindi il coniuge o convivente, i parenti fino al quarto grado ma anche, in mancanza dei primi o qualora ravvisi ragioni di opportunità, un terzo.
Tutela della persona fragile
In ogni caso, come sottolinea la Cassazione nell’ordinanza richiamata, l’obiettivo della legge è quello di tutelare la persona in condizione di fragilità, nel pieno rispetto dei suoi diritti e in base ad una attenta valutazione delle effettive capacità del soggetto e della possibilità che questi abbia di farsi aiutare, anche da persone della cerchia familiare, senza necessariamente ricorrere ad un amministratore. Tali considerazioni, prosegue la Corte, sono in linea con i principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con disabilità del 13.12.2006, ratificata in Italia con Legge 3 marzo 2009 n. 18, cui l’istituto dell’amministrazione di sostegno deve conformarsi.
Il caso
Nel caso oggetto dell’ordinanza, la sorella della ricorrente in cassazione aveva chiesto al tribunale di nominare un amministratore di sostegno, deducendo l’incapacità dell’altra ad occuparsi del patrimonio ricevuto in eredità e rimasto indiviso; il tribunale, con sentenza confermata in appello, aveva provveduto alla nomina dell’amministratore, tenuto conto delle conclusioni di alcuni medici interpellati dall’istante. La donna cui era stato affiancato l’amministratore, a sua volta, aveva eccepito l’inadeguatezza delle valutazioni mediche, effettuate senza alcun contatto diretto con lei ma solo sulla base di certificati medici prodotti dalla sorella; aveva, pertanto, impugnato la sentenza d’appello, contestando inoltre la mancata considerazione, da parte dei giudici, della propria volontà di non avvalersi di alcun amministratore e di essere in grado di provvedere autonomamente alle proprie attività.
Principio di diritto
La Corte di Cassazione, accogliendone il ricorso, ha affermato che “in tema di amministrazione di sostegno, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare”.
L’ordinanza, pertanto, si concludeva con la cassazione della decisione della corte territoriale che aveva disposto l'amministrazione di sostegno in favore della donna, riconosciuta capace di svolgere autonomamente attività lavorativa e di curare gli aspetti della vita ordinaria, senza indagare se la protezione della stessa potesse essere assicurata grazie alla funzione vicariante del marito o alla predisposizione di un sistema di deleghe idoneo a supportare la ricorrente negli aspetti più complessi della gestione non ordinaria del proprio patrimonio.