L'amministrazione di sostegno ha determinato un significativo cambiamento nel panorama giuridico della tutela delle persone vulnerabili. Trattandosi di istituto più flessibile e capace di adattarsi in modo più adeguato alle specifiche esigenze di ciascuna situazione rispetto agli istituti tradizionali più rigidi come l'interdizione e l'inabilitazione appare subito chiaro di come l'amministrazione di sostegno abbia fin da subito apportato in concreto risultati maggiormente soddisfacenti sia in relazione agli aspetti legali della tutela della persona (assistenza e rappresentanza) che per quelli legati alla preservazione della capacità d'agire del soggetto (e quindi della sua autodeterminazione).
Cos'è l'amministrazione di sostegno?
L'art. 404 c.c. sancisce che può essere assistito da un amministratore di sostegno chiunque, a causa di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità totale o parziale, temporanea o definitiva, di provvedere alla cura dei propri interessi.
Seppur la definizione appaia estremamente generica, questa possiede tuttavia un ambito di applicazione ben preciso perché richiede in ogni caso:
- un accertamento sanitario di una infermità o lesione psicofisica;
- un'impossibilità a provvedere ai propri interessi.
Ne consegue che sono ricomprese nella disciplina non solo le malattie mentali in senso stretto ma anche tutte le diverse forme di disabilità intellettiva, come ad esempio autismo, sindrome di down, malattia di Alzheimer e demenze. In alcuni casi particolari vi possono altresì rientrare l'abuso di sostanze stupefacenti, l'alcol, la dipendenza e la ludopatia.
Qual è la procedura per l'amministrazione di sostegno?
I soggetti legittimati ai sensi degli artt. 406 e 417 c.c. (Pubblico Ministero, beneficiario della misura anche se minore, interdetto o inabilitato, coniuge, parenti entro il quarto grado e altri) possono proporre ricorso presso il tribunale del luogo di residenza o domicilio del potenziale destinatario della misura.
Il ricorso deve contenere oltre ai classici requisiti formali quali l’indicazione del Giudice Tutelare territorialmente competente e le generalità dei soggetti, anche una specifica relazione in ordine alle ragioni per cui si chiede la nomina dell’amministratore di sostegno, una descrizione delle condizioni di vita della persona e della situazione reddituale e patrimoniale.
Il Giudice Tutelare, letto il ricorso, fissa con decreto la data di udienza per l’audizione del beneficiario e per la convocazione del ricorrente e degli altri soggetti (congiunti, conviventi, ecc.) indicati nell’art. 406 c.c.
Dopo l'audizione del beneficiario il Giudice Tutelare provvede, con decreto motivato e immediatamente esecutivo.
Quali sono i compiti dell'amministratore di sostegno?
Il decreto di nomina delinea l'oggetto dell'incarico dell'amministratore di sostegno, specificando i compiti assegnati che, in genere, si suddividono in:
- aspetti non patrimoniali, ossia la gestione della salute del beneficiario (come scelte sanitarie, interazioni con il personale medico, espressione del consenso informato, ecc.);
- aspetti patrimoniali riguardanti l'amministrazione patrimoniale mobiliare e immobiliare del beneficiario (come stipendi, pensioni, portafoglio titoli, appartamenti, locazioni ecc.) aventi come obiettivo la preservazione delle risorse finanziarie in relazione ai bisogni dell'amministrato.
In relazione a quest'ultimo aspetto si segnala un recente intervento della Corte di Cassazione - ordinanza n. 21887 del 11 luglio 2022 - che ha sancito che deve essere esclusa la nomina dell’amministratore di sostegno finalizzata solamente alla gestione del patrimonio se il beneficiario può essere sostenuto dalla protezione di una adeguata rete familiare. Del resto l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge deve essere compiuto nel caso concreto sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario (che in caso di volontà contraria dell'amministrato, se lucida, dovrà essere tenuta in considerazione dal giudice) che rispetto all'incidenza della stessa sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi verificando la possibilità che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare.