La definizione di contratto “simulato”, elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, è quella secondo cui è tale un contratto apparente, che non corrisponde alle reali intenzioni delle parti, le quali, tra di loro, vogliono far valere effetti diversi da quelli propri del contratto stipulato.
Simulazione assoluta e relativa
In particolare, si parla di “simulazione assoluta” quando le parti stipulano un contratto ma, in realtà, non vogliono alcun effetto tra di loro, di modo che solo apparentemente si realizza il trasferimento di un diritto o l’assunzione di un’obbligazione; si parla invece di “simulazione relativa” quando, pur avendo concluso un dato contratto, le parti in realtà intendono realizzare gli effetti di un contratto diverso, di cui solo le medesime parti sono a conoscenza e che è il contratto “dissimulato”.
Nel caso frequente della compravendita simulata, se la parte alienante trasferisce la proprietà di uno o più beni immobili all’acquirente, ma tra di esse vi è l’accordo interno che i beni rimangano di fatto in capo all’apparente venditore, si è in presenza di una simulazione assoluta di compravendita; se, invece, l’intenzione reale delle parti contraenti non è quella di trasferire la proprietà di un bene verso corrispettivo di un prezzo - tipica della compravendita - ma quella di realizzare una finalità diversa, ad esempio una donazione, si sarà in presenza di una simulazione relativa.
Controscrittura
La volontà interna tra le parti contrattuali può risultare dalla cosiddetta “controdichiarazione” o “controscrittura”, che ha effetto esclusivamente tra di esse.
Il nostro Codice Civile, nel disciplinare la simulazione, all’art. 1414 prevede che il contratto simulato, cioè quello apparente, non ha effetto tra le parti; tra di esse ha effetto il contratto dissimulato, purchè, nella stipula del contratto simulato siano stati rispettati i requisiti di forma e sostanza previsti per il dissimulato.
La controscrittura, come detto, ha effetto solo tra le parti; nei confronti dei terzi vale il contratto apparente, a meno che non si provi la loro mala fede, cioè la conoscenza della simulazione.
Nelle cause di accertamento della simulazione, in particolare di contratti di compravendita immobiliare, è fondamentale distinguere tra domanda di simulazione assoluta e simulazione relativa, come ha tenuto a precisare la Corte di Cassazione, nella recente sentenza n. 34024/2019, relativa al caso di un ricorso presentato da tre fratelli, tra i quali era stato stipulato un contratto di compravendita fittizio, nel senso che l’accordo tra le parti era che i beni venduti rimassero in capo ad uno dei fratelli, il venditore, il quale voleva sottrarli ai propri creditori; l’azione svolta dalla società creditrice, una banca, chiedeva l’accertamento della simulazione relativa, con particolare riferimento al pagamento del prezzo, mentre la Corte d’appello aveva ritenuto che si trattasse di simulazione assoluta.
Effetti diversi
Sul punto, la Suprema Corte rileva che l’azione intesa a far dichiarare la simulazione relativa è diversa rispetto a quella di declaratoria di simulazione assoluta del contratto, in quanto diverse sono le conseguenze e diverso è l’accertamento che il giudice deve compiere.
Se, infatti, nel primo caso si accerta che le parti volessero concludere un contratto diverso (es. donazione anzicchè compravendita) i creditori danneggiati potranno chiederne la revoca, ai sensi dell’art. 2901 c.c. che disciplina l’azione revocatoria ordinaria, con l’effetto di poter recuperare almeno il controvalore di quanto a loro sottratto con la vendita simulata.
Nel caso in cui il giudice accerti, invece, che il contratto concluso è assolutamente simulato, in quanto le parti non volevano alcun trasferimento del bene, in tal caso i creditori danneggiati potranno rivalersi sul bene, salvi gli effetti dell’acquisto in buona fede compiuto da terzi, anteriormente alla domanda di trascrizione.