In caso di separazione e divorzio, il Tribunale provvede, tra l’altro, all’assegnazione della casa coniugale, cioè dell’abitazione nella quale fino a quel momento i coniugi ed i loro figli, ove presenti, hanno vissuto.
Si tratta di un provvedimento molto importante, in quanto la sua valenza non è soltanto di tipo economico, per equilibrare i reciproci doveri e venire incontro alle esigenze del coniuge più debole, ma soprattutto di tipo affettivo e sentimentale, garantendo in particolare ai figli la continuità dell’ambiente familiare.
Art. 337 sexies c.c.
Proprio in vista di tale ultima funzione nel 2013 la norma del codice civile, l’attuale art. 337 sexies, che disciplina l’assegnazione della casa familiare e le prescrizioni in tema di residenza, è stata parzialmente modificata ed inserita nel capo dedicato all’ “esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”.
La suddetta disposizione in apertura stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli, secondariamente dei rapporti economici tra i coniugi e dell’eventuale titolo di proprietà della casa; il provvedimento di assegnazione della casa, inoltre, è modificabile nel caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Interesse prioritario dei figli
La priorità che il nostro ordinamento attribuisce all’interesse dei figli, rispetto alle ragioni economiche di cui il Tribunale deve tenere conto nell’adottare i provvedimenti relativi alla separazione o al divorzio, emerge, oltre che dalla lettera dell’art. 337 sexies c.c., anche dalle pronunce della Corte di Cassazione in materia.
Tra le ultime pronunce, l’’ordinanza n. 22268/2021, nella quale si è ribadito che la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, rimanendo estranea ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico.
Assegnazione di porzione della casa
Il caso esaminato dalla Cassazione riguardava, in particolare, la richiesta fatta in sede di divorzio dal ricorrente, di assegnazione parziale della casa familiare già assegnata, in sede di separazione, alla moglie collocataria dei figli; il ricorrente, ex marito, in particolare aveva rilevato che l’abitazione era costituita da più piani, idonei a costituire autonome unità abitative, per cui aveva chiesto che un piano fosse assegnato a lui ed al suo nuovo nucleo familiare.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso e ribadire i principi anzidetti, afferma che l'assegnazione di una porzione della casa familiare al genitore non collocatario può disporsi solo nel caso in cui l'unità abitativa sia del tutto autonoma e distinta da quella destinata ad abitazione della famiglia o sia comunque agevolmente divisibile; nel caso in esame, al contrario, la casa era costituita da una abitazione unica e non ricorrevano, secondo i giudici, le condizioni per l'assegnazione di una porzione di immobile.