Il decreto-legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020, all’art. 42 comma 2, prevede l’indennizzo INAIL per gli infortuni sul lavoro nel caso di contagio da Coronavirus avvenuto sul luogo di lavoro.
La norma in esame, infatti, include, tra le malattie infettive e parassitarie, anche l’infezione da coronavirus, prevedendo che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato”, con l’ulteriore precisazione che la disposizione si applica sia nel settore pubblico che in quello privato.
Protocolli di sicurezza
Con il successivo DPCM 26 aprile 2020, art. 2 comma 6, è stato disposto che “le imprese, le cui attività non sono sospese, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali di cui all'allegato 6, nonchè, per i rispettivi ambiti di competenza, il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le parti sociali, di cui all'allegato 7, e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nel settore del trasporto e della logistica sottoscritto il 20 marzo 2020, di cui all'allegato 8.
La mancata attuazione dei protocolli che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.
Da tali disposizioni emerge, pertanto, l’obbligo per i datori di lavoro di adottare i protocolli di sicurezza anti-Covid definiti a livello ministeriale, a partire dall’uso dei dispositivi di protezione individuale come mascherine, guanti in lattice, visiere ed altri indumenti di protezione, oltre alle misure necessarie per il distanziamento interpersonale e per la sanificazione degli ambienti.
La violazione, da parte dei datori di lavoro, delle norme suddette, come di tutte le disposizioni in materia di sicurezza sul luogo di lavoro previste dal T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.lgs. n. 81/2008, comporta una responsabilità civile e penale del datore, con diverse conseguenze.
Responsabilità del datore di lavoro
Dal punto di vista civilistico, egli sarà tenuto al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c., che disciplina la responsabilità extracontrattuale di chi cagiona ad altri un danno ingiusto, mediante atti dolosi o colposi; il lavoratore dovrà provare in giudizio di aver subito un danno alla salute, nello specifico di aver contratto il coronavirus, sul luogo di lavoro, nonchè il nesso di causalità tra la violazione da parte del datore ed il danno subito dal lavoratore.
La circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020, con riferimento alle categorie di lavoratori più esposti, in particolare il personale medico-sanitario, nonché tutti coloro che lavorano a contatto con il pubblico, prevede un’agevolazione nell’onere della prova a carico del lavoratore, affermando la possibilità di ricorrere a presunzioni semplici, cioè ad elementi indiziari e fattuali dai quali il giudice può dedurre la responsabilità del datore di lavoro.
Da parte sua, il datore, se vuole esimersi da responsabilità, deve riuscire a dimostrare di aver adottato tutte le misure previste dalla legge o che il danno non fosse in alcun modo prevedibile ed evitabile.
Sul piano della responsabilità penale il datore potrà rispondere del reato di lesioni personali, di cui all’art. 590 c.p. o, nel caso di morte del lavoratore, del reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p., con l’applicazione delle conseguenti rilevanti sanzioni della pena detentiva e pecuniaria prevista dalle medesime norme.