Segnaliamo una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la n. 19681 del 22/07/2019, di rilevante interesse in materia di diritto all’oblio in rapporto con il diritto di cronaca e di libertà di espressione.
DIRITTO ALL’OBLIO
Per “diritto all’oblio”, rientrante nella categoria più ampia del diritto alla riservatezza, si intende il diritto di ogni soggetto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati, quando abbia ritirato il consenso o si sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il trattamento dei suoi dati personali violi la disciplina comunitaria e nazionale.
NORMATIVA
Nel nostro ordinamento il Codice della Privacy prevede che il trattamento non sia legittimo qualora i dati siano conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo superiore a quello necessario agli scopi per i quali sono stati raccolti o trattati (art. 11 d.lgs. n. 196/2003).
Lo stesso interessato ha il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione (art. 7).
La citata sentenza delle Sezioni Unite, nel delimitare il quadro normativo del diritto alla riservatezza, richiama, tra le altre norme, gli articoli 2 e 3 della Costituzione, che tutelano il diritto al rispetto della persona ed il diritto all’uguaglianza dinanzi alla legge.
In ambito europeo gli artt. 8 e 10 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata nel nostro ordinamento con la legge 848/1955, gli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo, sottoscritta a Nizza nel 2000, nonchè il Regolamento UE 2016/679, disciplinano il diritto alla riservatezza.
La questione giuridica spesso affrontata dalla giurisprudenza è il rapporto di tale diritto con il corrispondente diritto alla libertà di espressione e, in particolare, al diritto di cronaca giornalistica.
PRESUPPOSTI DEL DIRITTO DI CRONACA
La Corte di Cassazione, a tal proposito, ha affermato che il diritto all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, in presenza dei seguenti presupposti:
1) contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
2) interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia;
3) elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese;
4) modalità impiegate per ottenere e dare l'informazione, che deve essere veritiera, diffusa in modo non eccedente lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali;
5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico.
LE SEZIONI UNITE
Il caso giunto al vaglio delle Sezioni Unite nella sentenza citata, riguarda il ricorso di un soggetto che, dopo aver scontato una pena per omicidio ed essersi reinserito nella società civile, si era visto menzionare all’interno di un articolo su un giornale locale, che aveva ricordato il fatto di cronaca avvenuto circa trent’anni prima.
Le Sezioni Unite, nel precisare che il caso specifico riguarda il diritto all’oblio dei dati personali pubblicati su giornali e non sul web, afferma che, in tema di rapporti tra il diritto alla riservatezza e quello alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato il giudice di merito - ferma restando la libertà della scelta editoriale in ordine a detta rievocazione, che è espressione della libertà di stampa protetta e garantita dall’art. 21 Cost. - ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti.
Tale menzione deve ritenersi lecita solo ove si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l’interesse della collettività, sia per ragioni di notorietà sia per il ruolo pubblico rivestito; in caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell’onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva.