La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31314/2019, si occupa delle conseguenze della evizione dell’immobile oggetto di preliminare di compravendita.
Evizione del bene
Con il termine “evizione” si fa riferimento alla privazione del bene per effetto di una pronuncia giudiziale che accerta la proprietà, o altro diritto sul bene, da parte di un terzo; in sostanza, si verifica quando un soggetto estraneo alla compravendita del bene ne rivendica la titolarità, facendo accertare il proprio diritto dal Tribunale.
In base all’art. 1481 c.c. il compratore può sospendere il pagamento del prezzo quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia; con l’eccezione che il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita.
La norma appena richiamata si applica alle ipotesi di contratto di compravendita perfezionatosi con la stipula del rogito notarile, prevedendo, nel caso di rischio concreto di evizione, che l’acquirente possa sospendere il pagamento del prezzo, o del saldo del prezzo.
Ipotesi del preliminare di compravendita
Nella sentenza oggi in esame, la Corte di Cassazione si occupa di un caso in cui, a seguito della stipula di un preliminare di compravendita, un terzo trascriveva una domanda giudiziale di nullità dell’atto di acquisto della proprietà da parte dell’impresa, in ragione della quale il promissario acquirente rifiutava la stipula dell’acquisto definitivo del bene.
Il Tribunale, con sentenza confermata in appello, dichiarava risolto il preliminare per inadempimento della società di costruzioni e la condannava a restituire la caparra confirmatoria ricevuta dal promissario acquirente.
L’impresa ricorreva in Cassazione, eccependo l’inapplicabilità dell’art. 1481 al contratto preliminare di compravendita, valendo la norma solo nei casi in cui l’acquisto sia definitivo a seguito del rogito.
La cassazione
Secondo la Cassazione, al contrario, la disposizione si applica per analogia al preliminare di vendita, sicché il promissario acquirente può rifiutarsi di concludere il definitivo ove vi sia pericolo di evizione del bene a lui promesso (in tal senso Cass. 26 gennaio 1985, n. 402; Cass. 18 novembre 2011, n. 24340; Cass. 21 maggio 2012, n. 8002).
La stessa Corte ha precisato che la trascrizione di una domanda giudiziale contro il promittente venditore, diretta a conseguire il trasferimento del bene promesso in vendita, determina in capo al promissario acquirente un pericolo concreto e attuale di evizione, sicché il rifiuto di quest’ultimo di addivenire al definitivo prima della cancellazione della trascrizione non è contrario a buona fede (Cass. 18 novembre 2011, n. 24340).
Da qui il principio di diritto, secondo cui "nel preliminare di compravendita, in applicazione analogica dell’art. 1481 c.c., il promissario acquirente può rifiutarsi di addivenire alla stipula del definitivo, qualora sussista un pericolo concreto e attuale di evizione del bene promesso, anche se tale pericolo non sia stato determinato da colpa del promittente venditore".