Il legislatore, come per molti altri contratti, non offre direttamente una definizione di cosa sia la mediazione ma stabilisce piuttosto chi possa essere considerato “mediatore” ovvero colui che pone in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, come ad esempio la messa in contatto di due soggetti rispettivamente intenzionati alla compravendita di un determinato appartamento.
L'elemento essenziale del contratto è offerto dalla volontà del soggetto di porre in essere l'attività mediatrice in assenza di uno specifico incarico.
L'imparzialità - intesa come assenza di vincolo - è essenziale per la determinazione dell'attività del mediatore, che la differenzia dalle figure contrattuali simili e spesso confuse come l'agenzia o il mandato. Ove, per contro, il mediatore nasconda la sua veste, presentandosi formalmente come mandatario di una delle parti (cosiddetta "mediazione occulta") non avrà alcun diritto alla provvigione.
Cos'è il diritto alla provvigione nella mediazione?
L'art. 1755 c.c. sancisce che il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto espresso, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.
Salvo patti o usi contrari, al mediatore spetta anche il diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l'affare non è stato concluso.
Qual è la nozione di affare e quando si intende concluso?
Come anticipato la funzione principale del mediatore è quella di mettere in relazione due o più parti per la conclusione di un affare. La nozione di affare tuttavia non coincide affatto con quella di contratto per essere, anzi, molto più onnicomprensiva. Ne consegue che l'oggetto dell'attività del mediatore può essere qualunque tipo di affare, purché a carattere patrimoniale in forza del principio per cui proprio l'entità della provvigione viene determinata dal valore dello stesso.
Al fine di riconoscere il diritto del mediatore alla maturazione della provvigione l'affare si intende concluso quando tra le parti messe in relazione da quest'ultimo si sia costituito un vincolo giuridico che consenta a ciascuna di esse di agire per l'esecuzione forzata.
Come si esercita l'attività di mediatore?
La normativa del contratto, oltre a quella del codice civile, è stata integrata tramite l'art. 73 del d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59 che ha soppresso il ruolo dei mediatori “professionali”, previsti dall'art. 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, ma non ha abrogato interamente la legge. La nuova disciplina prescrive che l'attività sia soggetta a dichiarazione di inizio di attività, da presentare alla Camera di commercio territorialmente competente, la quale, previa verifica dei requisiti autocertificati, iscrive i mediatori nel registro delle imprese, se esercitano l'attività in forma di impresa, e, altrimenti, nel repertorio delle notizie economiche e amministrative assegnando la qualifica di intermediario per le diverse tipologie di attività previste dalla legge n. 39 del 1989.
Quando il mediatore è responsabile?
Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare che possono influire sulla sua conclusione.
Deve cioè rendere edotte le parti contrattuali di eventuali fatti a carattere economico attinenti l'affare (tra le quali importante è la solvibilità delle persone o della società) nonché quelle relative alle condizioni personali delle parti stesse (come ad esempio lo stato di incapacità di una di esse che renda il contratto annullabile) o del bene (come ad esempio la sua incommerciabilità).
Il mediatore risponde altresì dell'autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell'ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite.