Il contratto di locazione, per sua natura, è un contratto a prestazioni corrispettive, nel senso che alla prestazione di una parte corrisponde la controprestazione dell’altra; nello specifico, all’obbligazione principale del locatore, che è quella di concedere l’immobile e consentirne il godimento al conduttore, corrisponde l’obbligazione di quest’ultimo di pagare il canone pattuito.
Eccezione d’inadempimento
Una norma generale valida per i contratti a prestazioni corrispettive è l’art. 1460 del codice civile, in base al quale, nel caso in cui una parte sia inadempiente, l’altra può sospendere l’esecuzione della propria prestazione: si parla, in proposito, di "eccezione di inadempimento".
Tornando alla locazione, nel caso di mancato pagamento dei canoni da parte del conduttore, il proprietario, dopo aver inviato la diffida di pagamento, se l’inadempimento persiste ricorre allo sfratto per morosità, chiedendo al tribunale di dichiarare la risoluzione del contratto di locazione. Se questo è il caso più frequente, possono esservi ipotesi in cui a essere inadempiente è il proprietario: pensiamo, ad esempio, all’omissione o ritardo nell’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria a suo carico; oppure al caso in cui, a seguito della firma del contratto, emerga che il locale non è idoneo all’uso pattuito, ad esempio perché sprovvisto dei certificati di agibilità.
Sospensione del pagamento dei canoni
È possibile, in tutte queste ipotesi, per il conduttore sospendere il pagamento dei canoni di locazione? Un orientamento, oggi superato, della Corte di Cassazione riteneva non applicabile ai contratti di locazione l’eccezione di inadempimento, con la conseguenza che il conduttore, come unico rimedio, doveva chiedere la risoluzione del contratto e, eventualmente, rivolgersi al giudice per ottenere il risarcimento dei danni; la sospensione del pagamento era considerata ammissibile solo se veniva completamente a mancare la prestazione della controparte, diversamente configurandosi come comportamento arbitrario e illegittimo (fra tutte Cass. 14739/2005).
L’orientamento più recente ammette, invece, la possibilità di far valere l’art. 1460 c.c., non solo quando manchi del tutto la prestazione del locatore (come nel caso di mancata consegna dell’immobile), ma anche nelle ipotesi di inesatto adempimento del proprietario, purché nel rispetto dell’equilibrio contrattuale e dell’obbligo di buona fede.
L’orientamento attuale della Cassazione
In un caso relativo a un contratto di locazione di immobile adibito a ristorante, il conduttore aveva sospeso il pagamento dei canoni per un lungo periodo e, per questo motivo, era stato sfrattato; egli si era opposto allo sfratto facendo valere l’art. 1460 c.c., affermando che il proprietario gli aveva concesso l’immobile privo delle autorizzazioni amministrative e dell’agibilità necessarie per l’attività di ristorazione, circostanza emersa a seguito della notifica di una multa, a seguito della quale aveva dovuto chiudere il locale per alcuni mesi.
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 2154 del 29/01/2021, a conclusione della vicenda giuridica, afferma alcuni principi in materia: in primo luogo ribadisce l’orientamento più recente, in base al quale il conduttore può sollevare l'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c. non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall'inesatto adempimento del locatore derivi una riduzione del godimento del bene locato.
Condizione per far ciò, tuttavia, è che la sospensione, totale o parziale, del pagamento del canone risulti giustificata dall'oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Equilibrio delle prestazioni e buona fede
Per stabilire in concreto se l’eccezione di inadempimento sia stata sollevata in buona fede oppure no, il giudice di merito deve verificare se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all’incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull’equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all’interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell’adempimento dell’altra parte.
Nel caso della mancata idoneità dell’immobile all’uso pattuito, emersa successivamente alla stipula del contratto, la sospensione del pagamento dei canoni, sulla base dei principi anzidetti, può pertanto ritenersi legittima laddove l’inadempimento del proprietario persista e sia tale da rendere inutilizzabile, anche solo parzialmente, l’immobile.
In conclusione, non è sempre ammessa la sospensione del pagamento dei canoni da parte del conduttore, a meno che non vi sia una corrispondente e perdurante inadempienza del proprietario, tale da rendere impossibile o difficoltoso lo svolgimento dell’attività all’interno dell’immobile locato.