Per "beni comuni condominiali", ai sensi dell’art. 1117 c.c., si intendono gli spazi ad uso comune facenti parte di un edificio in condominio, tra cui, a titolo esemplificativo, il lastrico solare, il tetto, il suolo, le scale, i portoni, gli androni, i muri perimetrali, i cortili e in generale tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune.
Per quanto riguardo l’uso che ciascun condomino può fare delle parti comuni la norma di riferimento è l’art. 1102 del codice civile, che stabilisce che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
Accertamento del titolo di proprietà
Nel caso in cui un condomino rivendichi la proprietà esclusiva su uno spazio comune o su una parte di esso, al fine di accertarne la titolarità esclusiva o la condominialità è necessario in primo luogo stabilire la destinazione, se, cioè, quello spazio è di uso comune oppure è funzionale a una singola proprietà.
Tale accertamento, tuttavia, non è sufficiente poichè occorre prendere in considerazione il titolo d’acquisto e, procedendo ancora più a ritroso, occorre verificare cosa prevedono l’atto costitutivo e il regolamento di condominio approvato con la costituzione originaria del condominio, come ha più volte chiarito la giurisprudenza.
Regolamento di condominio
Nel regolamento, infatti, sono contenute le norme che disciplinano l'uso delle cose comuni, il decoro dello stabile, la sua amministrazione e la ripartizione delle spese; inoltre è stabilito che ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente.
Il regolamento di condominio, pertanto, è fondamentale per conoscere l’origine delle singole unità immobiliari e quale fosse la loro destinazione prevista dal costruttore dell’edificio, in quanto tale previsione assume carattere vincolante anche per i successivi acquirenti.
I vani tecnici
Per chiarire meglio, prendiamo in esame una tra le tante pronunce in materia della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 35514/2021, relativa a un caso nel quale il ricorrente rivendicava la proprietà dei cosiddetti"vani tecnici", cioè dei locali di un edificio condominiale adibiti a vano caldaie; il ricorrente affermava che quello spazio era di sua proprietà in quanto gli derivava da un atto di donazione da parte del suo genitore.
Tale conclusione era stata ritenuta valida dalla Corte d’appello che, ribaltando la decisione di primo grado, aveva accolto la domanda del soggetto che chiedeva l’accertamento della proprietà esclusiva dello spazio controverso.
La Corte di Cassazione, adita dalle controparti, sottolinea, viceversa, l’errore in cui era incorso il giudice d’appello, nel prendere in considerazione quanto previsto dall’atto di donazione, senza approfondire il titolo originario.
Destinazione iniziale
Per concludere, a quanto affermato dalla Suprema Corte in tema di condominio negli edifici, rientrano tra le parti comuni i cd. volumi tecnici, ossia quelli destinati a contenere gli impianti tecnici del fabbricato (quali i vani ascensore, caldaia, autoclave, contatori), per essere vincolati all'uso comune, in virtù della loro naturale destinazione o della loro connessione materiale e strumentale rispetto alle singole parti dell'edificio.
Tuttavia, per stabilire la condominialità di detti beni, occorre accertare che la relazione di accessorietà e il collegamento funzionale fra gli impianti o i servizi comuni, da un lato, e le unità in proprietà esclusiva, dall'altro, sussistessero già al momento della nascita del condominio, non rilevando il collegamento creato solo successivamente alla formazione dello stesso, dal quale potrebbe piuttosto discendere la costituzione di una servitù a carico di porzione di proprietà esclusiva.