Tra le norme che il nostro ordinamento dedica, nel libro V del codice civile, alla materia del “lavoro”, subito dopo la disciplina relativa alle varie forme di società, di cooperative ed altre organizzazioni nelle quali può esercitarsi l’attività lavorativa, ve ne sono alcune che riguardano l’azienda.
Essa è definita, all’art. 2555 c.c., come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, distinguendo, pertanto, il concetto di “azienda” da quello di “impresa”: con il primo termine si fa riferimento al patrimonio ed, in generale, a tutti i beni con i quali si esercita un’attività imprenditoriale, mentre con il secondo ci si riferisce all’attività lavorativa, svolta in forma individuale o societaria, dalla quale l’imprenditore trae il proprio utile.
Durante la vita dell’impresa possono sorgere esigenze, di natura economica o semplicemente personale, che portano l’imprenditore a decidere di cedere a terzi tutta o solo una parte dell’azienda; in quest’ultimo caso si parla di cessione di ramo d’azienda.
La cessione è un vero e proprio contratto, da stipularsi dinanzi ad un notaio nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, tra cedente o alienante e cessionario o acquirente, atto che successivamente il notaio provvederà ad iscrivere nel Registro delle Imprese tenuto dalla Camera di Commercio.
Si tratta, in sostanza, di una compravendita con effetti devolutivi in capo all’acquirente, in base alla quale l’acquirente-cessionario acquista dal venditore-cedente il complesso aziendale, facendosi carico delle obbligazioni e dei rapporti in essere al momento della cessione.
In particolare, salvo diversa pattuizione tra le parti, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale; è il caso, ad esempio, del contratto di locazione dell’immobile nel quale si svolge l’attività dell’azienda, nel quale al conduttore-cedente si sostituisce il conduttore-cessionario, proseguendo il rapporto già esistente.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro tra il cedente ed i suoi dipendenti anche questi si trasferiscono, salvo risoluzione avvenuta prima della cessione; in ogni caso per le retribuzioni non pagate risponderanno sia il cedente che il cessionario, a cui il lavoratore potrà rivolgersi per ottenere quanto a lui spettante.
In generale, i crediti che l’azienda ceduta ha nei confronti di terzi si trasferiscono in capo all’acquirente anche senza il consenso dei terzi ceduti; quindi i debitori dell’azienda saranno tenuti ad adempiere nei confronti dell’acquirente, anche se la legge fa salvo il pagamento all’alienante eseguito dal terzo in buona fede.
La regola si spiega in quanto, con l’iscrizione della cessione nel Registro delle Imprese, chiunque è in grado di venire a conoscenza della vicenda modificativa che ha interessato l’azienda, poichè il Registro è pubblico e, per accedervi ed apprendere le informazioni utili, basta richiedere una semplice visura camerale a nome dell’impresa, anche con modalità telematiche.
Per quel che riguarda i debiti dell’azienda l’art. 2560 c.c. detta un principio che salvaguarda i diritti dei creditori dell’azienda, prevedendo la responsabilità solidale dell’alienante e dell’acquirente dell’azienda, i quali, pertanto, saranno entrambi tenuti, in solido, al pagamento dei debiti aziendali, purchè risultino dalle scritture contabili obbligatorie, quali il libro giornale, il libro degli inventari e tutte le altre scritture previste dalla legge per quel particolare tipo d’impresa ceduta.
In generale, pertanto, la distinzione principale tra successione nei crediti e nei debiti risiede nella posizione del cedente, il quale nei confronti dei creditori dell’azienda continua ad essere responsabile dell’adempimento delle relative obbligazioni, nei limiti anzidetti, pur non essendo più titolare dei rapporti ceduti.