La riforma del condominio, introdotta dalla legge 220/2012, ha modificato sensibilmente la disciplina in materia, ridefinendone gli ambiti; tra le novità più rilevanti vi è sicuramente la modifica dell’art. 1129 del codice civile, che regola nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore.
La prima innovazione riguarda il numero di soggetti appartenenti ad un condominio al di sopra del quale è obbligatoria la nomina di un amministratore: prima della riforma erano quattro, oggi il numero è di otto, oltre il quale l’assemblea è tenuta a deliberare la nomina dell’amministratore.
OBBLIGHI ALL’ATTO DELLA NOMINA
L’amministratore nominato dall’assemblea, contestualmente all’accettazione dell’incarico, deve fornire i propri dati anagrafici, professionali, indicare i luoghi di tenuta delle scritture contabili del condominio; egli, inoltre, è tenuto al rispetto di specifici obblighi, quali la presentazione di una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del suo mandato e l’apertura di un conto corrente intestato al condominio, da utilizzare nel corso della gestione.
DURATA DELL’INCARICO
Soffermiamoci ora sulla durata dell’incarico dell’amministratore: l’art. 1129 c.c. dispone che la durata è di un anno, al termine del quale l’amministratore deve rassegnare le dimissioni affinchè l’assemblea possa nominare il nuovo.
Fin qui tutto chiaro se non fosse per l’ulteriore precisazione, contenuta nella norma, che l’incarico “si intende rinnovato per eguale durata”.
Quest’ultima locuzione, prima della riforma non presente nella norma, ha suscitato non poche perplessità e dibattiti tra gli operatori del diritto, a causa della mancata specificazione del limite della proroga: alcuni, infatti, hanno ritenuto che il rinnovo debba essere consentito al massimo per un altro anno dalla scadenza del primo mandato, altri – ed è la tesi più seguita – che il rinnovo possa essere “sine die”, cioè non soggetto ad un limite temporale fino alla delibera assembleare di nomina o revoca.
PROBLEMI INTERPRETATIVI
Il problema non è di secondaria importanza, se si pensa ai frequenti casi in cui l’assemblea non riesce a deliberare la nomina dell’amministratore per mancato raggiungimento del quorum costituivo o deliberativo.
A tal proposito l’art. 1136 IV comma c.c. dispone che le deliberazioni concernenti la nomina e la revoca dell’amministratore, così come quelle concernenti lavori straordinari, devono essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio, quorum deliberativo richiesto per l’assemblea in prima convocazione.
Tale soglia numerica costituisce, in effetti, un ostacolo alla concreta possibilità per i condomini di procedere alla nomina di un nuovo amministratore, visto che solitamente l’assemblea si riunisce in seconda convocazione, dove il quorum costitutivo e deliberativo richiesti dalla legge sono inferiori.
Cosa succede, pertanto, se l’assemblea non provvede a deliberare la nomina del nuovo amministratore, alla scadenza del suo mandato?
LA PROROGA PER TACITO ASSENSO
In attesa di significativi pronunciamenti della Corte di Cassazione, l’orientamento che sembra essere più seguito è quello che consente la prosecuzione del mandato anche oltre il secondo anno, pur in mancanza di una specifica delibera assembleare; ciò avverrebbe in virtù di una tacita procura conferita dall’assemblea, che avrebbe lo stesso valore del mandato espressamente conferito con delibera.
Si ritiene, cioè, legittima la prosecuzione dell’incarico da parte dell’amministratore laddove la maggioranza dei condomini, seppure implicitamente attraverso fatti concludenti, abbia approvato l’operato dell’amministratore, consentendogli di esercitare i poteri conferitigli con la prima nomina.