La donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
La legge prescrive per le donazioni una forma particolare: esse, infatti, devono essere sempre stipulate per atto pubblico, alla presenza di due testimoni, a pena di nullità.
La mancanza di tale requisito, pertanto, è motivo di annullamento in sede giudiziaria della donazione, su domanda di chi ritenga di essere stato leso dall’atto, ad esempio i creditori del donante o gli eredi legittimi lesi dalla donazione.
Perché la donazione si perfezioni è necessaria l’accettazione da parte del donatario, che deve essere espressa nell’atto pubblico o in un successivo atto che rivesta la stessa forma del primo; in tal caso il perfezionamento del contratto avverrà al momento della notifica dell’accettazione e, fino ad allora, la donazione potrà essere revocata dal donante.
DONAZIONE MODALE
Nella donazione il donante arricchisce il donatario senza ricevere nulla in cambio, per puro spirito di liberalità; tuttavia è possibile prevedere, all’interno del contratto di donazione, delle clausole che condizionano la donazione a prestazioni da parte del beneficiario, come ad esempio l’obbligo di prestare assistenza al donante a fronte della dazione di un bene (donazione “modale”).
DONAZIONE CON RISERVA DI USUFRUTTO
Accade spesso, nella donazione di immobili, che il donante si riservi l’usufrutto del bene, fino alla sua morte, in tal modo spogliandosi anticipatamente della proprietà, pur garantendosi la possibilità di continuare a godere dell’immobile; alla sua morte, o alla scadenza del termine diversamente stabilito in contratto, l’usufrutto si estinguerà ed il donatario vedrà consolidarsi pienamente il suo diritto.
CASI DI REVOCAZIONE
Si è detto che la donazione, una volta accettata dal donatario, è irrevocabile; vi sono, tuttavia, alcune ipotesi tassativamente previste dalla legge che, per la loro rilevanza e gravità, consentono al donante, o ai suoi eredi, di revocarla.
La prima ipotesi di revocazione prevista dalla legge è l’ingratitudine del donatario, che si realizza con atti particolarmente gravi commessi da quest’ultimo nei confronti del donante.
Si tratta degli stessi atti previsti dal codice civile quali casi d’indegnità dell’erede, che ne comportano l’esclusione dall’eredità: omicidio o tentato omicidio del dante causa (donante) o del suo coniuge o ascendente o discendente, altri reati puniti con la stessa pena dell’omicidio, calunnia e falsa testimonianza.
Oltre a quest’ipotesi, la revocazione della donazione può essere fatta per sopravvenienza di figli, quando, cioè, il donante abbia figli o discendenti ovvero scopra di averne successivamente alla donazione; la relativa azione deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell’ultimo figlio o discendente legittimo o dalla notizia della loro esistenza.
Gli effetti della revocazione comportano l’obbligo per il donatario di restituire i beni ricevuti ed i relativi frutti; se i beni sono stati alienati il donatario dovrà restituirne il valore corrispondente.