Ci siamo occupati in altro articolo della pignorabilità dello stipendio e dei limiti previsti dalla legge, in particolare rilevando come l’art. 545 c.p.c. imponga al creditore che voglia espropriare lo stipendio del suo debitore il limite di 1/5.
LIMITE DI 1/5 PER STIPENDI E SALARI
La norma appena citata fa riferimento agli “stipendi e salari” che possono essere oggetto di pignoramento, attraverso l’espropriazione presso terzi, che si concluderà con l’assegnazione, al creditore procedente da parte del giudice dellì’esecuzione, di una somma pari ad un quinto dello stipendio risultante dalla busta paga del debitore.
Il limite anzidetto, pertanto, riguarda gli stipendi percepiti nel corso di un rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato, cioè, dagli elementi della continuità del rapporto e dell’assoggettamento al potere direttivo e gerarchico del datore di lavoro.
Negli anni più recenti alla figura del lavoratore subordinato si è affiancata quella del lavoratore “parasubordinato”, previsto all’art. 409 c.p.c. – norma che individua le controversie di lavoro di competenza delle sezioni lavoro dei Tribunali – che definisce tale prestazione caratterizzata da “opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato”.
ESTENSIONE AL LAVORO PARASUBORDINATO
Si tratta di una figura intermedia tra lavoratore subordinato ed autonomo, caratterizzata dall’assoggettamento al potere direttivo del datore ma, allo stesso tempo, da una certa autonomia organizzativa, cui la legge ha esteso le norme processuali previste per i lavoratori subordinati.
Per quanto riguarda il limite del quinto alla pignorabilità dello stipendio, esso è esteso anche ai lavoratori parasubordinati, i quali, pertanto, possono essere espropriati del loro compenso solo entro detto limite.
Premesso ciò, nel corso degli anni si è molto dibattuto in giurisprudenza circa la natura giuridica del rapporto di lavoro che si instaura tra amministratori di società di capitali e società stessa, se, cioè, si è in presenza di un rapporto subordinato, parasubordinato o autonomo.
LE SEZIONI UNITE SUL RAPPORTO DI LAVORO DEGLI AMMINISTRATORI
A dirimere il contrasto giurisprudenziale è intervenuta di recente la Corte di Cassazione e Sezioni Unite, con la sentenza n. 1545 del 20 gennaio 2017, la quale, oltre a sancire la natura “organica” del rapporto ha affermato la conseguente pignorabilità per intero dei compensi ed emolumenti degli amministratori di società.
La Suprema Corte, in particolare, ha chiarito che l’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono ad essa legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c., sicchè i compensi spettanti ai soggetti predetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dell’art. 545, comma 4, c.p.c.
IL CASO
Nel caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione, una Banca aveva intrapreso un’espropriazione presso terzi nei confronti di un suo debitore pignorando i compensi spettanti a quest’ultimo quale amministratore unico di una società e di componente del consiglio di amministrazione di un’altra.
La somma pignorata veniva assegnata per l’intero dal Giudice dell’Esecuzione del Tribunale adito; avverso l’ordinanza di assegnazione il debitore aveva proposto opposizione ed il Tribunale aveva accolto il ricorso proposto da quest’ultimo, dichiarando la pignorabilità solo nei limiti del quinto, ritenendo che l’attività svolta dal debitore quale amministratore di una società e consigliere dell’altra fosse qualificabile come lavoro parasubordinato, rientrante nelle ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 409 c.p.c..
Avverso la sentenza emessa a seguito del giudizio di opposizione la Banca creditrice aveva proposto ricorso per Cassazione che, accogliendo sul punto il ricorso della banca, ribaltava la decisione del Tribunale e, richiamando i precedenti giurisprudenziali al fine di dirimere il contrasto sorto sulla natura giuridica del rapporto di lavoro tra amministratori della società e società stessa, affermava l’importante principio innanzi riportato, stabilendo altresì la pignorabilità per intero dei compensi ed emolumenti erogati agli amministratori di società di capitali.