La legge n. 3 del 27 gennaio 2012 ha introdotto alcune misure per consentire al debitore “sovraindebitato” di ridurre gradualmente la propria esposizione ed ai creditori di ottenere un soddisfacimento – seppure parziale – del proprio credito, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria.
Le misure previste dalla legge sono l' “accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti” sulla base di un piano proposto dal debitore ed il “piano del consumatore”.
Alla prima possono accedere coloro che svolgono attività di impresa, alla seconda i soggetti definibili “consumatori”, i cui debiti, cioè, non derivano dallo svolgimento di attività imprenditoriale.
PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI
Entrambe le procedure si svolgono sotto il controllo della sezione fallimentare del Tribunale competente per territorio, con l’ausilio di un professionista abilitato (notaio, avvocato, commercialista) o di un Organismo di composizione della crisi autorizzato (es. Ordine degli Avvocati, Camera di commercio).
La procedura intesa all'accordo con i creditori, che si esprimeranno a maggioranza, comporta che il debitore possa essere ammesso a pagare i propri debiti anche in misura non integrale, a determinate condizioni e purché rispetti gli impegni assunti con la proposta di accordo; analogo scopo ha la procedura di composizione del piano del consumatore, con la differenza che in questo caso non è necessario l'accordo con i creditori, ma il piano può essere omologato (cioè reso efficace nei confronti dei creditori) sulla sola base della valutazione del tribunale.
Dopo il deposito della richiesta ha luogo un procedimento inteso a verificare se sussistono le condizioni per l'omologazione da parte del Tribunale, con caratteristiche diverse e seconda che si tratti di proposta di accordo o piano del consumatore.
PROFESSIONISTI DELEGATI DAL TRIBUNALE
Va detto che, allo stato attuale, non essendo stati istituiti gli Organismi di composizione della crisi previsti dalla legge, il Giudice della sezione fallimentare del Tribunale adito dal debitore nomina un professionista cui vengono delegate le funzioni di composizione della crisi.
Egli, esaminata la situazione contabile e patrimoniale del debitore, considerate le obbligazioni debitorie, sentiti i creditori, dovrà valutare il piano di rientro presentato dal debitore e sottoporre al giudice le sue conclusioni in merito alla fattibilità del piano ed alla sua capacità di soddisfare i creditori.
Il debitore, a sua volta, nel fare ricorso in Tribunale per l’ammissione alla procedura di composizione della crisi, può chiedere che venga disposta la sospensione delle procedure esecutive (pignoramenti) in corso, quali ad esempio espropriazioni di immobili o di conti correnti.
CASI DI SOSPENSIONE DEI PIGNORAMENTI
Si deve osservare, a questo proposito, che l’accesso alle procedure di cui alla legge 3/2012 è utile soprattutto a coloro che hanno un’elevata esposizione debitoria, per la quale siano in corso contenziosi civili o tributari e si sia giunti alla fase esecutiva, quella in cui i creditori fanno espropriare i beni, mobili e immobili, del debitore.
Un’opportunità offerta dalle misure di cui oggi parliamo è, appunto, quella di ottenere la sospensione delle procedure esecutive in corso, da parte di chi ha fatto richiesta di composizione della crisi da sovraindebitamento.
A CHI SPETTA L’ORDINE DI SOSPENSIONE
Per fare ciò, tuttavia, non è sufficiente aver presentato in Tribunale il ricorso per l’ammissione alla procedura di composizione, facendo quindi richiesta di sospensione al giudice della espropriazione; sul punto, infatti, si sono espressi molti giudici di merito, i quali hanno chiarito che il Giudice dell’esecuzione (cioè l’autorità che si occupa della procedura conseguente al pignoramento dei beni) non ha potere in materia, non essendovi alcuna norma che lo autorizzi a sospendere l’esecuzione a seguito della presentazione del ricorso al Tribunale fallimentare per il sovraindebitamento.
In quali casi, allora, è possibile ottenere la sospensione dei pignoramenti?
La stessa giurisprudenza di merito ha affermato che tale potere rientra nelle attribuzioni del Tribunale fallimentare , il quale, a seguito della valutazione del piano di rientro da parte del professionista delegato, sentiti i creditori, può disporre la sospensione delle procedure esecutive in corso.
Il provvedimento del giudice fallimentare, quindi, potrà essere depositato dal debitore nel fascicolo della procedura espropriativa, al fine di far disporre la sospensione; in tal modo – ribadisce la giurisprudenza – il giudice dell’esecuzione dovrà dare atto del provvedimento di sospensione disposto dal giudice fallimentare e ordinare la sospensione del pignoramento, in attesa della definizione della procedura di composizione della crisi.
In conclusione, per sospendere i pignoramenti in corso non basta fare domanda di composizione della crisi al Tribunale competente, occorrendo un’attenta valutazione, da parte degli organi di composizione e del medesimo Tribunale, della fondatezza della domanda stessa e, in caso di accoglimento dell’istanza di sospensione, un successivo provvedimento del Giudice dell’esecuzione.