L’ammissione al passivo fallimentare dei crediti

 Con la dichiarazione di fallimento dell’impresa, pronunciata con sentenza dal Tribunale del luogo dove ha sede legale la società o ditta individuale, i creditori non possono più esercitare azioni giudiziarie nei confronti del soggetto fallito e le cause ed i pignoramenti già iniziati devono essere interrotti.

PROCEDURA FALLIMENTARE

Il principio si spiega in quanto con la pronuncia di fallimento si apre una procedura concorsuale – sotto il controllo del Giudice delegato della sezione fallimentare del tribunale – che sarà amministrata da un soggetto in posizione di terzietà, il curatore fallimentare, il quale dovrà provvedere ad inventariare il patrimonio sociale, a recuperare i crediti in favore della massa fallimentare, infine a liquidare l’attivo in favore dei creditori che hanno fatto domanda di ammissione al passivo.

INSINUAZIONE AL PASSIVO

Ciascun creditore, infatti, purché in possesso di un titolo che attesti il suo credito, può “insinuarsi” al passivo del fallimento, cioè presentare un’istanza nella quale, dopo aver specificato natura ed ammontare del suo credito, chiede di concorrere al riparto finale per soddisfare il proprio diritto.

Il procedimento è regolato dalla legge fallimentare, che stabilisce anche i termini per la presentazione delle domande, le quali saranno “tempestive” se presentate almeno 30 giorni prima dell'udienza fissata per la verifica delle domande tempestive, “tardive” se presentate dopo tale termine.

La differenza tra tempestività e tardività consiste nella possibilità di concorrere al riparto dell’attivo fallimentare, nel senso che se l’insinuazione al passivo viene presentata dopo che il Giudice ha autorizzato un primo riparto – o un riparto intermedio - il concorso del creditore è limitato generalmente alla differenza che residua dopo la ripartizione.

PAR CONDICIO CREDITORUM 

Il principio generale che regola il concorso tra i creditori è quello della par condicio creditorum: tutti i creditori hanno diritto ad essere soddisfatti allo stesso modo degli altri, in proporzione al credito di ciascuno.

Per spiegare meglio consideriamo che nella maggior parte dei casi quando un soggetto fallisce l’ammontare delle passività, cioè dei debiti, supera l’attivo; la conseguenza è che difficilmente i creditori insinuati al passivo potranno essere soddisfatti per intero.

La ripartizione dell’attivo, dunque, avverrà in percentuale, mantenendo la proporzione tra creditori di pari grado; ad esempio se un creditore ha insinuato al passivo un credito di 100 ed un altro creditore un credito di 200 se il curatore stabilisce (in base all’ammontare delle passività e dell’attivo) che saranno soddisfatti al 20% il primo riceverà 10, il secondo 40.

CREDITI PRIVILEGIATI

Questa regola generale, tuttavia, è subordinata ad un altro istituto giuridico, quello dell’ordine dei privilegi, in base al quale i crediti vengono soddisfatti (cioè liquidati) secondo un ordine stabilito dalla legge ( si veda articolo in proposito) dipendente dalla causa o natura del credito.

I primi ad essere soddisfatti sono i creditori ipotecari, poi vengono i creditori privilegiati (ad es. i crediti per retribuzioni, i crediti dello Stato per tributi, ed altri elencati agli artt. 2777 e seguenti del codice civile), infine i creditori “chirografari”, cioè coloro che hanno crediti non assistiti da alcuna garanzia o privilegio.

Tornado all’istanza di insinuazione, una volta presentata il curatore redigerà un progetto di stato passivo, che verrà comunicato ai creditori per l’esame e la presentazione di eventuali osservazioni; il progetto, con i singoli crediti, verrà quindi sottoposto al vaglio del giudice in un’apposita udienza di verifica.

OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO

Il Giudice delegato, a questo punto, potrà ammettere il credito come da domanda del curatore, oppure ammetterlo in diversa misura (ad esempio escludendo il privilegio), così come potrà escluderlo.

In queste ultime due ipotesi il creditore avrà la possibilità di proporre opposizione allo stato passivo divenuto esecutivo, sempre dinanzi al Tribunale fallimentare, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento del Giudice delegato.

ULTERIORI RIMEDI

Qualora anche il collegio del Tribunale dovesse confermare la decisione del Giudice delegato il creditore, come ultimo rimedio, potrà impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, che potrà cassarla, cioè annullarla, in modo favorevole al ricorrente, oppure confermarla; in quest’ultima ipotesi il creditore dovrà rinunciare definitivamente alla propria pretesa nei confronti del fallimento.

Se tuttavia, dopo la chiusura del fallimento, l’imprenditore dovesse riprendere la sua attività il creditore potrà nuovamente agire nei suoi confronti per quella parte del credito rimasta insoddisfatta.

pubblicato il 20/11/2017

A cura di: Daniela D'Agostino

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