La legge fallimentare, di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, tra i soggetti che possono ricorrere in tribunale per far dichiarare il fallimento di un’impresa, annovera il Pubblico Ministero; ai sensi dell’art. 7 l.f., egli può presentare richiesta per la dichiarazione a) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali d’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore; b) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
Conoscenza dello stato d’insolvenza
Come ha chiarito di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8903 del 6 aprile 2017, la casistica cui fa riferimento l’art. 7 l.f. è molto ampia e ricomprende tutte le ipotesi in cui, sia nell’ambito di un procedimento penale che civile, il Pubblico Ministero sia venuto a conoscenza dello stato d’insolvenza di un’impresa.
In particolare, afferma la Cassazione, non è necessario che la notizia dell’insolvenza sia emersa nella fase avanzata del processo penale, quando è già stata esercitata l’azione penale, ben potendo emergere anche nel corso delle indagini, da informative o altre fonti, la cui fondatezza sarà oggetto di esame da parte del Tribunale competente per il fallimento.
Obbligo di presentazione dell’istanza di fallimento
Lo stesso dicasi per la notizia segnalata nel corso di un processo civile, in ordine alla quale il Pubblico Ministero può anche limitarsi a far proprie le segnalazioni del giudice remittente, competendo poi al Tribunale fallimentare l'autonoma responsabilità di dar conto dei rispettivi presupposti; risulta così nettamente distinta l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento dalla decisione del Tribunale.
In queste ipotesi l’iniziativa del Pubblico Ministero è doverosa, sussistendo l’obbligo di legge a presentare istanza di fallimento tutte le volte in cui egli abbia avuto modo di rilevare lo stato d’insolvenza di un’impresa.
Nuovo Codice della Crisi d’Impresa
Con la riforma del fallimento, che con il D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019, in attuazione della legge 155/2017, ha introdotto il Codice della Crisi d’Impresa, il ruolo del Pubblico Ministero è stato ampliato rispetto a quanto previsto dalla legge fallimentare. Ai sensi dell’art. 38 CCI, infatti, il Pubblico Ministero presenta ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale “in ogni caso” in cui ha notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza; allo stesso modo l'autorità giudiziaria che rileva l'insolvenza nel corso di un procedimento lo segnala al Pubblico Ministero.
Ampliamento dell’intervento del Pubblico Ministero
Oltre a ciò, l’art. 38 CCI prevede che il Pubblico Ministero possa intervenire in tutti i procedimenti diretti all'apertura di una procedura di regolazione della crisi e dell'insolvenza. Lo scopo dell’ampliamento del ruolo del Pubblico Ministero è quello di evidenziare la funzione pubblicistica del suo intervento, anche nelle fasi preliminari alla liquidazione giudiziale, e di sottolineare la rilevanza, per il nostro ordinamento, dell’impresa e delle sue vicende, in particolare quelle relative alla fase della crisi e dell’insolvenza.