Per beni comuni condominiali si intendono gli spazi ad uso comune facenti parte di un edificio in condominio, tra cui il lastrico solare, il tetto, il suolo, le scale, i portoni, gli androni, i muri perimetrali, i cortili ed in generale tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune.
Per quanto riguardo l’uso che ciascun condomino può fare delle parti comuni la norma di riferimento è l’art. 1102 del codice civile, che stabilisce che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”.
MODIFICHE ALLE PARTI COMUNI
La stessa norma prevede inoltre che ciascun partecipante alla comunione può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa; ciò significa che, nel caso di condominio in edificio, il singolo può intervenire sulle parti comuni per trarne una migliore utilità, nel rispetto dei limiti imposti dalla legge e dal regolamento condominiale.
In concreto, ciò significa che per valutare la legittimità di uno specifico utilizzo o di opere e manufatti sul bene comune è necessario trovare il punto di equilibrio tra migliore godimento della cosa comune per ciascun condomino e rispetto della destinazione della stessa e del diritto degli altri partecipanti ad utilizzarla.
INNOVAZIONI
Diverso è il caso delle innovazioni sulle parti comuni, disciplinato all’art. 1120 c.c., che prevede che i condomini, a maggioranza, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni.
La differenza tra “modificazione” e “innovazione” sta nel fatto che quest’ultima comporta una radicale trasformazione del bene o della parte di esso su cui si interviene; per questo occorre una delibera condominiale adottata con un numero di voti che rappresenti almeno la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.
CONTROVERSIE GIUDIZIARIE
Tra le liti condominiali sono frequenti i casi aventi per oggetto la richiesta al giudice, da parte del condominio, di accertare l’illegittimità di opere poste in essere da un singolo condomino, ritenute contrarie al regolamento condominiale e lesive del diritto all’uso comune del bene; spesso oggetto del contendere è la natura stessa di un bene, se cioè debba essere ritenuto condominiale oppure pertinenza della proprietà esclusiva di un condomino.ì
Può accadere, infatti, che un singolo proprietario per lungo tempo utilizzi in modo esclusivo, o preponderante, un’area condominiale, in molti casi realizzandovi manufatti a proprio beneficio; se gli altri condomini ne rivendicano l’utilizzo e chiedono la rimozione del manufatto si dovrà in primo luogo di stabilire quale è la destinazione del bene stabilita dal regolamento condominiale.
Se, in base al regolamento, l’area è ad ritenersi condominiale allora il condominio potrà pretendere la eliminazione delle opere e manufatti realizzati dal singolo, sempre che essi siano tali da compromettere o diminuire l’uso da parte della collettività; diversamente il giudice adito potrà rigettare la domanda del condominio e consentire al singolo di fruire in modo particolare di quella parte del bene comune controverso.
AREE DI ACCESSO AI LOCALI COMMERCIALI
Nella casistica delle liti aventi per oggetto aree condominiali frequenti sono le controversie relative ai cortili ed alle aree esterne, attraverso le quali i proprietari di locali posti a piano terra o a livello strada hanno facilitato l’accesso alla loro proprietà.
E’ questo il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione, in una recente sentenza, la n. 20712/2017, nella quale un condominio aveva citato in giudizio il proprietario di un locale, adibito a ristorante, facente parte dell’edificio, chiedendo al giudice di ordinare l’eliminazione dello scivolo e degli altri manufatti da lui costruiti nel cortile esterno per agevolare l’ingresso al ristorante delle auto dei fornitori.
LA CASSAZIONE
Secondo la Suprema Corte, al fine di accertare se l’uso esclusivo di un’area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all’edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o più condomini, è irrilevante la circostanza che l’area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta più proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unità immobiliare adibita ad attività commerciale, occorrendo all’uopo un titolo di fonte negoziale (ravvisabile nel regolamento condominiale contrattuale) che conferisca al bene natura pertinenziale.
Nello specifico, la Cassazione, confermata la natura condominiale del bene così come accertata nei precedenti gradi di giudizio, ha ritenuto che le opere realizzate dal singolo proprietario costituissero un abuso ai sensi dell’art. 1102 c.c., poiché impedivano agli altri condomini di partecipare all’utilizzo del bene stesso, ostacolandone il libero e pacifico godimento.