Il mantenimento reciproco tra coniugi è giuridicamente fondato sul dovere di assistenza morale e materiale a carico di ciascuno degli sposi, previsto all’articolo 143 del codice civile.
L’obbligo di assistenza materiale permane anche in caso di separazione dei coniugi, fino allo scioglimento del vincolo coniugale, cioè al divorzio, a seguito del quale può continuare a sussistere un dovere assistenziale nei confronti del coniuge meno abbiente e che non abbia capacità lavorativa; su quest’ultimo punto ci si è soffermati in altri articoli sul mutamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, che ha stabilito come non sia più rilevante, ai fini della valutazione della dazione dell’assegno, il tenore di vita precedentemente tenuto dal coniuge richiedente.
CRITERI PER DETERMINARE L’ASSEGNO
Vediamo oggi quali sono, invece, i criteri per la determinazione dell’assegno di mantenimento nel caso di separazione, sia consensuale che giudiziale, in favore del coniuge beneficiario e dei figli a carico di quest’ultimo.
Il giudice prenderà in considerazione in primo luogo i redditi di entrambi i coniugi, quindi valuterà le esigenze dei figli ed il tenore di vita familiare prima della separazione, che dovrà essere possibilmente mantenuto anche dopo, salvo che siano intervenuti eventi modificativi delle condizioni patrimoniali delle parti; nel caso della separazione, infatti, a differenza del divorzio, il vincolo coniugale non si è ancora sciolto, pur se i coniugi sono autorizzati a vivere separatamente, tanto che almeno in teoria è sempre possibile un ricongiungimento.
Oltre al reddito saranno valutate dal giudice anche tutte le altre risorse economiche dei coniugi, compresa la loro capacità lavorativa, con particolare riferimento al coniuge ritenuto più debole.
A quest’ultimo riguardo, nel caso di coniuge privo di occupazione, tale circostanza dovrà essere attentamente valutata dal giudice, affinchè non costituisca elemento astratto per quantificare l’assegno ma venga ponderata ogni situazione anche pregressa.
CAPACITA’ LAVORATIVA DEL CONIUGE BENEFICIARIO
A tal proposito la Corte di Cassazione, (ordinanza n. 8286/2013) ha affermato che il giudice non deve considerare soltanto i redditi in denaro, ma anche le utilità o le capacità proprie del genitore collocatario, in relazione all’attitudine al lavoro ed alla capacità di guadagno dello stesso; tale capacità dovrà considerarsi alla luce di fattori concreti soggettivi ed oggettivi e non in termini meramente astratti o ipotetici, ad esempio, verificando se il genitore abbia mai lavorato, se si sia attivato nella ricerca di un lavoro ovvero se abbia rifiutato occasioni lavorative.
Stessi criteri verranno presi in considerazione nell’ipotesi di separazione senza figli minori, in cui il mantenimento sia dovuto solo al coniuge ritenuto più debole economicamente.
DURATA DEL VINCOLO CONIUGALE
Altro elemento di cui il giudice dovrà tenere conto nella determinazione dell’assegno di mantenimento è la durata del vincolo coniugale, in particolare al fine di verificare se la comunione spirituale e materiale, tipica del matrimonio, si sia effettivamente realizzata.
E’ quanto da ultimo affermato sempre dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n.402 pubblicata il 10 gennaio 2018, in cui è stato esaminato un caso di matrimonio durato pochi giorni ( 28 ), tempo ritenuto dai giudici troppo breve per l’instaurarsi di un rapporto caratterizzato dall’ “affectio coniugalis”.
A confermare tale circostanza era, inoltre, emerso nel corso del giudizio di merito che il matrimonio era stato contratto solo per interessi economici, da parte del marito per beneficiare di provvidenze concesse dall’ordine militare di appartenenza, della moglie per godere di un alto tenore di vita.
MANCANZA DI AFFECTIO CONIUGALIS
Alla luce di tali considerazioni la Suprema Corte ha ritenuto che ricorresse, nella fattispecie, un’ipotesi n cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, senza che vi sia stata in precedenza alcuna condivisione di vita e instaurazione di un vero rapporto affettivo.
Si tratta, a ben vedere, di ipotesi eccezionali ma non infrequenti di matrimoni “di interesse”, in cui l’assenza di qualsivoglia legame affettivo ed il relativo accertamento in giudizio comportano il venir meno del dovere di assistenza materiale dopo la separazione.