Abbiamo affrontato in diversi articoli l’argomento della tutela dei dati personali e sensibili sotto diversi aspetti, relativi alla disciplina normativa del consenso e del trattamento dei dati, al contrasto giurisprudenziale su alcuni temi come i dati concernenti lo stato di salute, alle frodi informatiche bancarie.
In un’epoca, come quella attuale, dove la diffusione sul web dei dati personali fa emergere la necessità di ampliare la tutela di ogni individuo, sempre più esposto e “tracciabile” – come gli ultimi casi di cronaca internazionale hanno dimostrato – un importante strumento di difesa è costituito dal “diritto all’oblio”.
DIRITTO ALL’OBLIO
Con tale espressione si intende il diritto di ogni soggetto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati, quando abbia ritirato il consenso o si sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il trattamento dei suoi dati personali violi la disciplina comunitaria e nazionale.
Nel nostro ordinamento il Codice della Privacy prevede che il trattamento non sia legittimo qualora i dati siano conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo superiore a quello necessario agli scopi per i quali sono stati raccolti o trattati (art. 11 d.lgs. n. 196/2003).
Lo stesso interessato ha il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonché di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione (art. 7).
Il problema del diritto all’oblio nasce storicamente in rapporto all’esercizio del diritto di cronaca giornalistica, cui va rapportato.
UN CASO DECISO DALLA CASSAZIONE
A questo proposito è interessante una pronuncia della Corte di Cassazione, che, con l’ordinanza n.6919 del 20/03/2018, si è occupata del ricorso presentato da un noto cantante italiano, il quale aveva chiesto che venisse cancellato, dagli archivi RAI, un filmato che lo riprendeva all’uscita di un ristorante e che era stato trasmesso nel corso di una trasmissione televisiva, in cui il conduttore lo aveva denigrato e inserito in una classifica di personaggi noti ritenuti antipatici.
In questo caso il diritto all’oblio è stato esercitato dal ricorrente per la rimozione di immagini da archivi televisivi; va detto, a tal proposito, che se in genere tale tutela viene riferita alla rete internet l’ambito di applicazione della normativa è molto più vasto e riguarda ogni settore in cui possono essere utilizzati dati personali, immagini o video.
La Corte di Appello aveva rigettato il ricorso del cantante, ritenendo che il filmato fosse stato girato esercitando il diritto di cronaca, cui doveva essere subordinato il diritto all’oblio del ricorrente.
La Cassazione, ribaltando la decisione della corte territoriale, afferma alcuni importanti principi in materia, soffermandosi anche sulla nozione di diritto di satira.
PRESUPPOSTI DEL DIRITTO DI CRONACA
In primo luogo la Suprema Corte precisa che in tema di riservatezza, dal quadro normativo e giurisprudenziale nazionale ed europeo (artt. 8 e 10, comma 2, CEDU e 7 e 8 della c.d. "Carta di Nizza"), si ricava che il diritto all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza di alcuni presupposti.
Essi sono:
1) contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;
2) interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia;
3) elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese;
4) modalità impiegate per ottenere e dare l'informazione, che deve essere veritiera, diffusa in modo non eccedente lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali;
5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico.
La mancanza di tali presupposti, nel caso specifico del filmato che ritraeva il cantante, secondo la Cassazione rendeva legittima la sua domanda, non ravvisando alcuna utilità pubblica nella divulgazione di quelle immagini.
SATIRA
Quanto al diritto di satira che, secondo la difesa della parte resistente, sarebbe stato esercitato dal commentatore del filmato, la Cassazione precisa che la finalità della stessa – caratterizzata da espressioni iperboliche, surreali e paradossali – è quella di manifestare un dissenso politico o sociale o un ragionato dissenso dall’opinione altrui, tali da legittimare l’uso di espressioni fortemente critiche o addirittura lesive della reputazione del soggetto criticato.
Nella specie, alcuna di queste finalità veniva ravvisata dai giudici di legittimità, i quali mettevano in risalto lo scopo meramente commerciale e di “audience” del programma da parte dei giornalisti citati in giudizio.