Continuiamo il nostro esame delle nuove sentenze della Corte di Cassazione, pubblicate il giorno 10 ottobre 2019 (da cui la denominazione di sentenze “San Martino”) in materia di risarcimento danni e responsabilità medico-sanitaria.
Oggi prendiamo in considerazione la sentenza n. 89990/2019, che, tra le diverse questioni affrontate, fa il punto sulla distinzione tra “concausa di lesioni” e “concausa di menomazioni”, intervenute a seguito di interventi chirurgici o altri trattamenti sanitari, in soggetto con precedenti patologie.
Concausa da lesioni
La Suprema Corte precisa che si ha concausa di lesioni quando ad una causa naturale, consistente nella pregressa malattia, nella determinazione del danno alla salute si va ad aggiungere la condotta umana del medico responsabile.
In questi casi, afferma la Cassazione, va applicato il principio di diritto del rapporto di causalità materiale – regolato dall’art. 41 c.p. e 1227 I comma c.c. - in base al quale, qualora le condizioni ambientali o i fattori naturali (nello specifico, la malattia preesistente) siano di per sé sufficienti a causare il danno, indipendentemente dall’apporto umano dato dalla condotta del medico, quest’ultimo rimane esente da ogni responsabilità nei confronti della vittima, non avendo posto in essere alcun antecedente in rapporto di efficienza causale con il danno.
Viceversa, nel caso in cui la condotta umana abbia inciso sullo stato di salute del danneggiato, il medico sarà responsabile per intero del danno, poiché non è possibile ridurre proporzionalmente la responsabilità in base al grado di colpa; tale operazione, specifica la Corte, è infatti possibile solo tra più concause umane, non tra una concausa umana ed una naturale.
Ne consegue che, nei casi di concorso tra causa naturale e causa umana, il giudice investito della causa risarcitoria non può automaticamente valutare equitativamente il danno, con relativamente ridimensionamento del quantum risarcitorio, dovendo applicarsi il principio della causalità materiale “ all for nothing ”, secondo la regola civilistica del “piu’ probabile che non” per la valutazione dell’incidenza della condotta umana sulle lesioni.
Concausa di menomazioni
Per quanto riguarda la nozione di “concausa di menomazioni” si applica il principio di causalità giuridica – regolato dall’art. 1223 c.c. – che lega l’evento lesivo ai postumi invalidanti, secondo la regola dell’ “id quod prelumque accidit”, cioè della probabilità che quei postumi si verifichino, in base a ciò che comunemente accade nella realtà.
Le diverse menomazioni possono incidere in modo differente sul complessivo stato di salute residuo del danneggiato, valutabili in base alle classificazioni medico-scientifiche redatte per il settore delle assicurazioni sociali obbligatorie e secondo le tabelle del danno biologico utilizzate nel ramo dei sinistri stradali, nonché al danno da responsabilità medica di cui alla “legge Balduzzi” (L. 189/2012) ed alla più recente “legge Bianco-Gelli” (L. 24/2017).
La condotta lesiva, inoltre, può produrre un’unica menomazione o plurime alterazioni o menomazioni funzionali che interessino più organi o apparati.
Plurime menomazioni
Nei casi di plurime menomazioni, sopravvenute in soggetto già compromesso, esse devono essere prese in considerazione, ai fini dell’accertamento della complessiva validità biologica del soggetto, a seconda che concorrano alla medesima disfunzionalità o ne determinino una nuova, non incidente sul distretto anatomico-funzionale già compromesso.
Deve essere, quindi, accolta l’indicazione fornita in medicina legale e recepita dal Legislatore, secondo cui, in caso di plurime menomazioni, è certamente legittimo assumere come riferimento i gradi tabellari delle singole menomazioni (tabelle dei punti d’invalidità permanente), salva, in ogni caso, una valutazione globale della complessiva capacità biologica residua del soggetto, volta ad individuare l’effettiva incidenza dei molteplici postumi sullo stato di salute del danneggiato.
Invalidità differenziale
In particolare, occorrerà confrontare la situazione pregressa con quella verificatasi dopo l’intervento medico, per comprendere se e in che modo le nuove menomazioni abbiano danneggiato o meno l’organo o l’apparato già compromesso (invalidità “differenziale”) .
Ad es., la pregressa perdita di due dita non incide sulla menomazione dell’organo visivo subentrata dopo l’intervento; se, tuttavia, la nuova lesione rende più difficoltosa la vita quotidiana, tale incidenza dovrà essere valutata dal giudice a fini risarcitoria.
Tale valutazione, che in giudizio viene condotta dal consulente tecnico d’ufficio, deve essere poi rielaborata dal giudice, il quale, nella valutazione del danno e quantificazione del risarcimento, può giungere ad escludere la responsabilità del medico e della struttura laddove la nuova menomazione derivi, e sarebbe comunque derivata, dall’evoluzione della malattia pregressa; laddove, tuttavia, manchi la prova di tale evoluzione, non può attribuirsi alcuna rilevanza alla pregressa malattia, dovendo quindi affermarsi la responsabilità del medico.