L’art. 143 del codice civile pone a carico dei coniugi in costanza di matrimonio, il dovere di reciproca assistenza morale e materiale; se il primo cessa con la separazione, l’obbligo di assistenza materiale permane, fino allo scioglimento del vincolo coniugale, cioè al divorzio, a seguito del quale può continuare a sussistere un dovere assistenziale nei confronti del coniuge meno abbiente e che non abbia capacità lavorativa.
In sede di separazione, pertanto, in caso di squilibrio economico, viene stabilito il diritto, per il coniuge svantaggiato, nonché per i figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi, all’assegno periodico di mantenimento.
Patrimonio dei coniugi
In caso di separazione giudiziale, come in tutti i casi di modifica successiva delle condizioni stabilite negli accordi e nella sentenza di separazione, il Giudice del tribunale prende in considerazione la situazione patrimoniale di entrambi i coniugi. Il primo dato che viene valutato è quello reddituale, costituito dalle entrate derivanti dal lavoro, come pure le proprietà e le rendite delle locazioni di immobili e altri beni, le partecipazioni sociali, i titoli e gli investimenti finanziari e, in generale, tutto ciò che produce guadagni.
Quote di società
A tal proposito la Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 6103/2022, ha affrontato il caso dei dividendi delle partecipazioni societarie, di cui sia titolare uno dei coniugi, con particolare riguardo agli utili non distribuiti. È noto che, nella redazione annuale del bilancio delle società, vengano indicati gli utili, cioè il guadagno conseguito nell’anno sociale e che spetta ai soci come dividendo in proporzione della propria quota sociale.
Dividendi non distribuiti
Accade di frequente che gli utili non vengano distribuiti tra i soci, ma reimpiegati nell’attività sociale per l’anno successivo; essi, tuttavia, pur non entrando materialmente nelle tasche del socio, costituiscono una componente del suo reddito. La Suprema Corte, nell’ordinanza richiamata, ritiene pertanto corretta la valutazione della Corte d’appello, di imputazione, al reddito del coniuge obbligato al mantenimento, anche degli utili non distribuiti derivanti dalla partecipazione a società di capitale.
Tenore di vita
Ricordiamo, infine, tra i diversi fattori considerati dal giudice per determinare l’assegno di mantenimento, il tenore di vita familiare prima della separazione, che dovrà essere possibilmente mantenuto anche successivamente, salvo che siano intervenuti eventi modificativi delle condizioni patrimoniali delle parti.
In altri articoli abbiamo visto come, nel divorzio, il fattore del tenore di vita pregresso sia stato fortemente ridimensionato dalla stessa giurisprudenza della Cassazione, a fronte di un maggiore rilievo dato al principio di "autoresponsabilità" di ciascuno dei coniugi; nelle cause di separazione, diversamente, poiché il vincolo matrimoniale non è definitivamente sciolto, i tribunali ne tengono ancora conto nella determinazione dell’assegno di mantenimento.
Capacità lavorativa
Accanto a questo, viene anche presa in considerazione la "capacità lavorativa" dei coniugi, con particolare riferimento al coniuge privo di occupazione, dovendo valutare le motivazioni alla base della mancanza di lavoro e le circostanze che concorrono allo stato di inoccupazione; tale capacità o attitudine al lavoro, tuttavia, è valutata non in termini meramente astratti o ipotetici, ad esempio verificando se il soggetto abbia mai lavorato, se si sia attivato nella ricerca di un lavoro ovvero se abbia rifiutato occasioni lavorative.