Il danno ambientale è un tema particolarmente complesso e, al momento, uno degli argomenti più dibattuti dalla politica nazionale ed internazionale. In forza delle gravi conseguenze sulla salute umana e sulla biodiversità del pianeta è considerato oggi una delle priorità fondamentali per estendere e approfondire quello che viene denominato “sviluppo sostenibile”, ovvero quel concetto a sua volta basato sull'idea di soddisfare i bisogni attuali sia delle singole persone che della collettività senza però compromettere l'equilibrio sociale e ambientale delle generazioni future.
Questa categoria di danneggiamento include in generale ogni deterioramento dell'ambiente naturale, inclusi aria, acqua e suolo, cagionato da attività umane come l'inquinamento, la deforestazione, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, la produzione e lo smaltimento di rifiuti.
Quando si concretizza il danno ambientale?
L'art. 300 TUA (Testo Unico Ambientale) definisce il danno ambientale come qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima e (ai sensi della Dir. UE 35/2004) la degradazione, in confronto alle condizioni originarie, provocato:
- alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria;
- alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo oppure sul potenziale ecologico delle acque interessate o sullo stato ambientale delle acque marine;
- alle acque costiere e a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;
- al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.
Quali possono essere degli esempi di danno ambientale?
Le tipologie di danno sono le più disparate appurata la tendenziale sconfinatatezza del concetto di “ambiente naturale”. A mero titolo esemplificativo è possibile tuttavia elencare quelle che possono essere le singole condotte che lo concretizzano:
- la presenza di discariche abusive o con regimi operativi maggiori di quelli possibili per quella determinata discarica;
- gli scarichi di sostanze determinate da depuratori non depuranti che immettono nell'ambiente agenti inquinanti;
- l'inquinamento di acque superficiali, sotterranee o marine con compromissione della fauna ittica;
- i rifiuti radioattivi o ad alto rischio biologico non smaltiti correttamente;
- la trasformazione urbanistica illecita di un'area rurale.
Si ripete che gli esempi non sono esaustivi e possono essere perpetrati in modi estremamente differenti tra loro. L'elemento fondante in questo senso una responsabilità è sempre in ogni caso lo stesso, ovvero il deterioramento diretto o indiretto, significativo e misurabile dell'equilibrio naturale.
Come si risarcisce il danno ambientale?
La tutela primaria è quella del ripristino del danno ambientale che deve consistere in tutte quelle azioni che il soggetto individuato come responsabile deve compiere per riqualificare il sito mediante azioni dirette a riparare, sanare e ove possibile sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.
Solo nel caso in cui non sia possibile individuare un soggetto oppure questo non ottemperi agli obblighi sopra individuati interviene il Ministero dell'ambiente che, determinando i costi delle attività necessarie a conseguire il risultato, agisce nei confronti dell'obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti esercitando un'azione civile in sede penale e/o amministrativa.
La normativa italiana prevede una responsabilità “speciale” per il danno ambientale in senso stretto che consiste nella “compromissione dell'ambiente”, bene di natura pubblica, unitario e immateriale e un danno inteso come lesione ad un diritto soggettivo e interesse legittimo in conseguenza del danno ambientale vero e proprio ex art. 2043 c.c.