Il contratto di credito al consumo è il negozio giuridico con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere ad un soggetto consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria, al fine di acquistare beni o servizi da terzi.
Scopo del finanziamento
Fondamentale è, pertanto, lo scopo del finanziamento, cioè la stipula di un contratto di acquisto di beni o servizi o prestazioni professionali, cui il finanziamento è collegato.
Il legame tra i due contratti fa sì che, in caso di inadempimento da parte del fornitore di beni o servizi, il consumatore abbia diritto alla risoluzione anche del contratto di finanziamento, con obbligo di restituzione, da parte della finanziaria o dell’istituto di credito, delle rate versate dal consumatore ed il venir meno di versare quelle eventualmente non pagate.
Disciplina giuridica
La disciplina del credito al consumo è contenuta negli artt. 121 e ss del d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (T.U.B.), successivamente modificata da ulteriori interventi legislativi e, per quanto attiene al recesso, nel d. lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo), nonché nella Direttiva 2008/48/Ce.
In particolare, per quanto riguarda l’inadempimento del fornitore, l’art. 125 quinquies TUB dispone che “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile”.
Condizioni per la risoluzione
I requisiti che la suddetta norma richiede per far valere il diritto del consumatore alla risoluzione del contratto di finanziamento sono, oltre all’inadempimento imputabile al fornitore dei beni o servizi, che il consumatore abbia preventivamente “messo in mora” il fornitore, inviandogli una lettera raccomandata o una pec per diffidarlo ad adempiere; oltre a ciò, devono ricorrere le condizioni che il codice civile prevede per i casi di risoluzione del contratto per inadempimento e, cioè, che l’inadempimento stesso sia rilevante, non abbia scarsa importanza rispetto all’interesse dell’altra.
Quest’ultima condizione va valutata caso per caso, anche se in linea generale si può affermare che, per ottenere l’effetto della risoluzione del contratto, la prestazione inadempiuta deve essere tale da non consentire al consumatore di conseguire quanto pattuito (consegna del bene acquistato o funzionamento dello stesso, completamento dell’opera pattuita nel caso di acquisto di servizi).
Effetti della risoluzione
Se ricorrono tali requisiti, la risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito, inoltre, non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi; il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.
L’art. 125 quinquies TUB, ancora, prevede che in caso di leasing il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore dei beni o dei servizi, possa chiedere al finanziatore di agire per la risoluzione del contratto; la richiesta al fornitore determina la sospensione del pagamento dei canoni.
La risoluzione del contratto di fornitura determina la risoluzione di diritto, senza penalità e oneri, del contratto di locazione finanziaria, con gli effetti anzidetti.
L’ultimo comma, infine, stabilisce che il diritto del consumatore alla risoluzione del contratto di finanziamento per inadempimento del fornitore possa essere fatto valere anche nei confronti del terzo al quale il finanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito.