Esaminiamo oggi il caso di un soggetto che, alla guida della sua auto su una strada regionale, si imbatteva in due animali selvatici, scontrandosi con essi e riportando danni all’auto, per il cui risarcimento citava in giudizio la Regione cui apparteneva il territorio luogo del sinistro.
Patrimonio dello Stato
La Corte di Cassazione, adita dalla Regione soccombente nel giudizio di merito, con l’ordinanza n. 13848/2020 chiarisce quale norma del nostro ordinamento deve essere applicata alle ipotesi di danno causato da fauna selvatica.
In primo luogo la Suprema Corte osserva come, in base alle leggi speciali in materia – tra cui la legge 968/77, recante “Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia” – la fauna selvatica è ritenuta patrimonio indisponibile dello Stato e tutelata nell’interesse nazionale; gli enti preposti all’amministrazione e gestione di tale patrimonio sono le singole Regioni, tenute, di conseguenza, all’obbligazione risarcitoria nei confronti dei terzi danneggiati.
Art. 2052 c.c.
Premesso ciò, la Cassazione, superando l’orientamento che individuava la norma di riferimento nell’art. 2043 c.c.- relativo alla responsabilità extracontrattuale, che impone, a chi agisce in giudizio per il risarcimento, la prova del nesso di causalità tra condotta del responsabile e danno – chiarisce che l’ambito di applicazione del danno da fauna selvatica deve essere individuato nell’art. 2052 c.c., relativo al danno provocato da animali in custodia.
In base a tale ultima norma il proprietario di un animale, o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Secondo la Cassazione, dunque, la norma si riferisce a qualsiasi tipo di animale, sia addomesticato che selvatico, come quelli presenti nelle riserve o parchi gestiti da enti, nelle fattorie, nei canili pubblici o privati, ma anche agli animali utilizzati per scopi lavorativi, quali i cani o i cavalli utilizzati dalla polizia o dalla guardia forestale.
Presunzione di responsabilità
Il proprietario, custode o gestore dell’animale, in base all’art. 2052 è ritenuto responsabile a prescindere dal suo comportamento, per il semplice fatto di avere una relazione (di proprietà o utilizzo) con l’animale stesso; si parla, in proposito, di responsabilità “presunta”, nel senso che chi agisce per il risarcimento non deve provare il nesso di causalità tra fatto e danno.
Chi ha subito il danno provocato dall’animale non deve, pertanto, dimostrare in giudizio la colpa del proprietario, cioè una sua condotta negligente o imprudente; il danneggiato dovrà limitarsi a provare che il danno sia imputabile all’animale e che questo sia di proprietà o in uso alla persona o all’ente convenuti in giudizio.
Caso Fortuito
Il soggetto convenuto in giudizio, a sua volta, per ritenersi esonerato da ogni responsabilità, potrà unicamente dimostrare che l’evento lesivo sia imputabile a “caso fortuito”, concetto che la giurisprudenza ha definito come qualsiasi evento che rivesta i caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità e che il proprietario dell’animale non abbia potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
L’esclusione di responsabilità, pertanto, è condizionata alla prova dell'intervento di un fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo; può trattarsi anche del fatto di un terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno.